Per i lavoratori della scuola si preannunciano anni di passione e di stipendi sempre più magri: da un’analisi Anief del Documento di Economia e Finanza 2015, in questi giorni emanato dal Mef, emerge che anche nel triennio 2016-2018 l’indennità di vacanza contrattuale prevista per legge rimarrà quella spettante al 31 dicembre 2015. Ma poiché il blocco è entrato in vigore il 1° luglio 2010, viene confermato in pieno quanto il giovane sindacato autonomo sostiene, in splendida solitudine, da diverso tempo: ci stiamo incamminando verso la sottrazione dell’indennità, senza possibilità di recupero, che sfiorerà un decennio.
Ma il Def ci dice anche che nel 2017 la spesa per redditi da lavoro dipendente della Pubblica Amministrazione si ridurrà dello 0,4 per cento, nel 2018 rimarrà invariata, e nel 2019 crescerà dello 0,3 per cento, proprio per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale del triennio 2019-2021. Ora, l’applicazione dello 0,3 per cento su uno stipendio medio di 1.500 euro è pari ad appena 5 euro: praticamente, una “mancia”.
Inoltre, anche se nel Def sembrerebbe intendersi che il rinnovo contrattuale potrà essere attuato già prossimo anno, Anief ribadisce che anche su questo fronte i tempi per vedere un aumento in busta paga sono decisamente più lunghi: siccome l’indennità di vacanza contrattuale è un anticipo da assegnare al lavoratore, in attesa del rinnovo contrattuale, viene da sé che il rinnovo del contratto rimarrà anch’esso congelato almeno fino allo stesso anno. Quindi sino al 2018. Lasciando le buste paga del personale ancora ferme e ben al di sotto l’inflazione, almeno 4 punti percentuali come accade oggi.
“È paradossale che mentre diverse centinaia di migliaia di docenti e Ata dovranno attendere altri quattro anni per vedersi incrementare le loro buste paga – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e candidato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione –, attraverso l’articolo 11 del disegno di legge sulla Buona Scuola, il Governo vuole dare facoltà ai dirigenti scolastici di poter assegnare gli incentivi per il merito a pochi componenti”.
“L’Esecutivo – prosegue il presidente Anief – intende infatti assegnare 200 milioni di euro alle 8.500 scuole italiane: si tratta, in media di circa 23.500 euro ad istituto, che il preside destinerà non soltanto i tre membri dello staff che si è scelto ma anche il personale a lui più gradito. Sfiduciando, in un colpo solo, le Rsu, gli organi collegiali e la professionalità di tutti i lavoratori della scuola”.
Anief ribadisce che l’azione del Governo si sta sempre rivelando deludente. Perché, se approvata come è stata condotta in Parlamento, non introdurrà affatto una buona scuola: prima di parlare di merito, il Governo deve stanziare le risorse, provvedere al pagamento di 5mila euro di arretrati in questi lunghi cinque anni. E deve anche allineare annualmente, per il futuro, gli attuali stipendi al costo dell’inflazione senza ulteriori tagli. Altrimenti, spetterà ai tribunali stabilire se è giusto portare il personale meno pagato in Europa sempre più vicino alla soglia di povertà.