MONSIGNOR LA PIANA, IL CRISTIANO VUOLE PUREZZA

di ANDREA FILLORAMO

Certo che l’arcivescovo di Messina, ricevuta la notizia di presunti “reati” del frate presunto pedofilo che operava presso la parrocchia S. Domenico, certificati da sette fogli dattiloscritti, quattro allegati ed un CD, inviati poi ai carabinieri di Rovigo, contenente le prove che incastrerebbero il religioso, ha trascorso ore interminabili di “tormento” interiore. Con molta probabilità egli si è posto il problema, al di là del fatto che il pedofilo non fosse un prete ma un semplice frate, come ha tenuto a precisare nel suo comunicato stampa, di “andar dietro al passo” di papa Francesco che invita all’assoluta intolleranza nei confronti dei pedofili, di prendersi, cioè, totalmente la responsabilità di contrastare in tutti i modi il fenomeno, quindi, anche di denunciare all’autorità giudiziaria i fatti di cui veniva a conoscenza; oppure di seguire le Linee guida anti-abusi, veramente imbarazzanti, della CEI, che si attesta su una linea di assoluta retroguardia rispetto ad altri episcopati d’Europa o degli Stati Uniti. la Cei, infatti, inculca ai vescovi che “nell’ordinamento italiano il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l’obbligo giuridico di denunciare all’autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti”. La Cei, inoltre, avverte i vescovi che, in base al concordato e al codice di procedura penale, “sono esonerati dall’obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto o detenuto per ragioni del proprio ministero”. In altre parole, si vuole impedire che l’autorità giudiziaria possa scoprire (grazie all’acquisizione della documentazione interna di una diocesi) le manovre di insabbiamento o colpevole disattenzione di un vescovo. Il presumibile “dilemma” del vescovo La Piana nasceva anche dall’interpretazione di un inciso delle stesse “Linee guida” dove si specifica che il vescovo non ha l’obbligo di denuncia “salvo il dovere morale di contribuire al bene comune”. Chiunque comprende che tale inciso ognuno lo può interpretare come vuole. Nella scelta, quindi, fra due linee di condotta, quella papale e quella della CEI, un vescovo può agire secondo coscienza e nel rispetto della personale sensibilità, nonchè del senso civico ed etico. Ora il senso civico ed etico suggerisce di seguire la linea di Papa Francesco. Ormai tutti sanno e lo saprà sicuramente anche l’arcivescovo di Messina, membro effettivo della CEI, che da mesi vi è uno scontro tra il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della CEI e Papa Francesco.Su tale scontro si sofferma Francesco Antonio Grana, vaticanista de ilfattoquotidiano.it quando osserva: “Sulla differenza abissale fra la CEI di Bagnasco e Papa Francesco bisogna dire innanzitutto che stiamo assistendo a uno scontro che è ormai in atto da diversi mesi, ovvero dall’autunno scorso quando Papa Francesco ha escluso il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, dalla Congregazione per i vescovi. Questo è stato un gesto molto eloquente che non ha precedenti: mai infatti un presidente della Cei era stato escluso dal dicastero della Curia romana che si occupa di scegliere i vescovi nei paesi di antica evangelizzazione, Europa in primis. Questo gesto è certamente l’inizio di un conflitto fra i due abbastanza evidente a cui sono seguiti altri segni altamente significativi”. Si spera veramente, che ogni vescovo, contribuisca con tutti i mezzi a disposizione, servendosi anche degli interventi indispensabili della magistratura, a sconfiggere definitivamente la piaga della pedofilia che infetta anche il clero, sia quello secolare sia quello religioso.