Può una banca investire centinaia di migliaia di euro di un suo cliente senza nemmeno informarlo? E peraltro investire in bond emessi dalla Banca stessa? La vicenda, che ha dell’incredibile, è capitata davvero a madre e figlio di Reggio Emilia che hanno subito diversi comportamenti scorretti da parte dell’Istituto di Credito del quale erano correntisti. Un crescendo di prepotenza: ordini d’acquisto inesistenti, un’operazione di cambio dollaro/euro che manda in fumo 150 mila euro e, infine, l’investimento di oltre 600 mila euro effettuato, in palese conflitto d’interessi, all’insaputa dei titolari e costato un’ulteriore ingente perdita. Per i malcapitati risparmiatori la sentenza, mai appellata, è arrivata nei mesi scorsi e condanna la banca al risarcimento dei clienti.
I FATTI – Nel 2004 i risparmi dei due reggiani erano stati investiti, in valuta dollari, in un acquisto titoli che solo successivamente risultò autorizzato solo dal figlio e non dalla madre. A distanza di 4 anni, nel 2008, alla scadenza di tale investimento, la banca, senza informare i clienti, aveva liquidato l’ingente somma investita e l’aveva convertita in euro, trascurando il fatto che in quel periodo il cambio euro/dollaro era decisamente sfavorevole, tanto da comportare una perdita di 150 mila euro (90 mila a carico della madre e 60 mila del figlio). Alcuni giorni dopo aver appreso della perdita subita nell’operazione di cambio, il figlio si era recato in Banca per poter disporre delle somme presenti sul conto. Allo sportello si era reso conto che mancavano 600 mila euro (351 mila della madre e 250 del figlio); la Banca infatti, senza essere stata autorizzata da nessuno, li aveva investiti in obbligazioni emesse dalla banca stessa. Avendo i due necessità urgente di riappropriarsi della propria liquidità, avevano come unica soluzione, a quel punto, quella di disinvestire. La banca tentò in un primo momento di “estorcere” un contratto di acquisto titoli a posteriori per mettersi in regola, ritardando la vendita. Ma, a suon di raccomandate, i clienti ottennero finalmente il disinvestimento; peccato che le obbligazioni della banca a quel punto registravano già una diminuzione di valore, così l’operazione causò loro un’ulteriore perdita di quasi 2000 euro. L’ultima goccia che li convinse a fare causa alla banca.
LA SENTENZA – Il Giudice di Reggio Emilia ha deciso che gli ordini di acquisto delle obbligazioni avrebbero dovuto essere conferiti per iscritto, come da contratto quadro, pertanto la banca «inadempiente» è stata riconosciuta responsabile per il danno patito e condannata a risarcire i clienti. Anche se gli ordini fossero stati disposti telefonicamente, l’Istituto di credito avrebbe dovuto produrre le registrazioni. La banca, inoltre, ha agito violando gli obblighi informativi e la disciplina del conflitto di interessi.
«La peculiarità rispetto ad altre pronunce – spiegano gli avvocati Giuseppe Luciani e Luigi Martin che hanno difeso in giudizio i consumatori – è tecnica e riguarda il fatto che la violazione della forma scritta non determina la nullità dello stesso, ma genera in capo alla banca un obbligo risarcitorio per inadempimento. In altre parole l’ordine d’acquisto rimane “invalido”, ma la banca ha violato un obbligo cui si era vincolata, di conseguenza deve risarcire il danno procurato al cliente col suo comportamento».