di ANDREA FILLORAMO
Che un vescovo denunci un altro vescovo, da quel che risulta, mai era avvenuto nel passato. Si tratta, stando alla notizia di Panorama, di mons. Francesco Miccichè, ex vescovo di Trapani e precedentemente vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Messina, Lipari e S. Lucia del Mela, che, ha denunciato per diffamazione e violazione del segreto istruttorio, monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, inviato a suo tempo come visitatore apostolico per indagare su un presunto buco di oltre un milione di euro. Pochi mesi dopo, il vescovo Miccichè venne rimosso da Papa Benedetto XVI proprio sulla base del dossier redatto dallo stesso . Da chiarire che Monsignor Miccichè ha sempre proclamato la sua innocenza e lo scorso 26 gennaio è stato ricevuto da papa Francesco. L’ex vescovo di Trapani accusa Mogavero di non averlo mai sentito e di averlo diffamato, divulgando i contenuti della relazione segreta consegnata al Papa. Ricevuta tale notizia, ci chiediamo con non poco imbarazzo: “cosa è successo e succede fra i vescovi siciliani? Perché fra alcuni di loro c’èuna lottache appare alimentata da vendette o ritorsioni? Perché Mons. Mogavero avrebbe tenuto nascosta la sua relazione che ha consegnato al papa, senza dare, quindi, al vescovo Miccichè la possibilità di difendersi da accuse che inascoltato l’hanno portato alla destituzione? Perché l’ex vescovo di Trapani è stato “cacciato via” dalla sua diocesi ? Perché Mogavero l’avrebbe diffamato? Perché gli altri vescovi siciliani hanno osservato, da quel che si sa, il “silenzio” sui “fatti” denunciati? Ci chiediamo, infine, quale “santo protettore” nei “Sacri palazzi” avrebbe il Vescovo di Mazara del Vallo, quando da accusatore diviene “accusato” dal settimanale “Panorama” di un “ buco” nella sua diocesi di ben 6 milioni di euro? Per rispondere a quest’ultima domanda, qualcuno potrebbe ritenere sufficiente dire: “chi di spada ferisce di spada perisce”.E’ certo, però, che il “buco” di bilancio della diocesi di Mazara del Vallo, man mano che il tempo passa si riempie sempre di nuovi elementi.
E’ ancora il settimanale Panorama, infatti,che ha scovato le registrazioni dell’assemblea dei sacerdoti, in cui il vescovo di Mazarariferisce dei conti del bilancio della diocesi. In tali registrazioni si può notare che non tutto andrebbe nella direzione del “sotto controllo”. Ecco come racconta “Panorama”, secondo quanto riportato su Internet. Leggiamo con molta attenzione: “Mogavero prende la parola con un certo imbarazzo e lamenta l’assenza dell’ex economo, don Caruso: «La differenza tra chi può fuggire o scappare e chi invece rimane sta tutta nelle responsabilità che ognuno è tenuto ad assumersi» afferma duro Mogavero. Quindi va dritto al punto: «Quello che c’è in questi fogli è la verità, dura e cruda perché siamo in una situazione di grande difficoltà: da questo momento cambieranno tante cose». L’assemblea dei preti ascolta in religioso silenzio la lettura del bilancio. Alla fine molti sono sbigottiti. Il primo a rompere il ghiaccio è don Fiorino. Inizia timidamente: «E’ chiaro che la situazione della diocesi è fortemente debitoria, una cifra molto forte». Ma presto diventa un fiume in piena e non risparmia neppure il vescovo: «Il foglietto (il bilancio, ndr) io l’avevo chiesto l’anno scorso perché mi sembrava opportuno, la dico seriamente questa cosa. In questi anni io mi ero permesso di sottolineare al vescovo che c’erano delle carenze e poca chiarezza nel bilancio, nelle uscite». Il sacerdote se la prende con le spese per il personale: «Uno trova nel bilancio ‘compensi di lavoro autonomo’, 40.629 euro: chi sono queste persone? C’è un costo a mio parere, l’avevo fatto notare l’anno scorso, molto eccessivo: sembriamo la diocesi di Milano o di Monaco di Baviera». Poi punta il dito sulla vendita di alcune proprietà senza autorizzazione: «Gente che si presentava a vendere terreni, per esempio a Tonnarella, con biglietti di carta di quaderno a quadretti: ‘su incarico della Curia vescovile il sottoscritto muratore è autorizzato…’ così sono scomparsi interi beni immobili che oggi potevano servire alla diocesi». Don Fiorino è incontenibile. Protesta per gli 8.741 euro dati a sua insaputa all’addetto stampa («io che sono il direttore non so nulla di questa voce. A chi sono stati dati questi soldi? Magari per conoscenza! Ma io sono il direttore!»). E aggiunge che nei 48 mila euro che figurano in bilancio come contributo al seminario diocesano «ad oggi non risulta che sia arrivato un euro!». Il j’accuse di don Fiorino non lascia scampo a monsignor Mogavero che ammette le sue responsabilità: «E’ colpa mia, lo so. Ma in questo momento sto ammettendo la mia colpa di non essere potuto intervenire perché non sono stato informato. E questa è tutta colpa mia, lo so». Poi contrattacca: «C’è un meccanismo perverso che sta emergendo a me, sta emergendo in quelle settimane in cui io finalmente ho potuto accedere nonostante io l’avessi chiesto 10 mila volte, alla effettiva situazione economica della diocesi». Le parole del presule però non bastano ad arginare l’onda montante delle proteste dei sacerdoti. È la volta di don Salvatore Pavia che se la prende per il contributo dato alla parrocchia di Sant’Antonio di Padova a Mazara 2, guidata dall’ex segretario del vescovo, don Giuseppe Titone: «Credo sia stato vergognoso: io non ho avuto il letto per dormire e mi è stata comprata una cucina che ogni volta che aprivo lo sportello mi cadeva in testa e per la canonica di Mazara 2 si spendono 37.449 euro. I piatti con filo d’oro, l’aria condizionata in tutte le stanze». Il vicario generale, don Giuseppe Undari, ce l’ha invece con l’economo don Caruso, che ha ricevuto un prestito dalla diocesi di quasi 54 mila euro: «Io ho chiesto da vicario generale 3 mila euro e mi sono stati negati. Mi è stato detto: la diocesi in questo momento non può darti dei soldi. Ad altri invece sono stati dati. Non è possibile: due pesi e due misure!». Mogavero cerca di calmarlo: «Don Giuseppe non ti incavolare: se i soldi in cassa non ci sono, non è che l’economo può inventare soldi». Ma subito dopo è don Salvatore Cipri a intervenire: «Circolano voci di stipendi in più, oltre a quello dell’Istituto sostentamento clero: 900, mille euro in più. Si restituiscano, se indebitamente appropriati». Don Cipri ha tenuto la cassa della diocesi fino al 2006, prima di cederla a don Caruso e rivendica di aver lasciato «1 miliardo di attivo liquido nelle banche» (forse intende dire 1 milione di euro). Vuole sapere dove sono finiti i soldi e quanto si è speso per la nuova chiesa di Pantelleria. Gli fa eco don Undari: vuole capire perché la diocesi ha 111.261 euro di debito nei confronti dell’associazione Cemsi, presieduta dallo stesso vescovo. Mogavero si difende chiamando in causa i suoi collaboratori e il Vaticano: «Tutto è passato dal collegio dei consultori e dal consiglio degli affari economici. Financo il parere per fare i 4 milioni e 700 mila euro di mutuo che è stato autorizzato anche dalla Santa Sede». Ma don Gianluca Romano, che fa parte di quegli organismi, non ci sta a essere chiamato in causa: «Non è vero che il collegio dei consultori è stato zitto. Caro eccellenza io da anni ho fatto notare: ma tutte queste spese, ma siamo sicuri? Tutte queste cose non sono nate adesso e sono state dette. Ho chiesto conto della remunerazione dei curiali e mi si presenta un foglio con delle lettere iniziali. Io l’ho messo sul tavolo e ho detto: questa è una presa in giro, ok? È stato chiesto conto anche di una Multipla comprata con i soldi della diocesi».
I preti vogliono sapere dal vescovo come pensa di uscire dalla crisi: «Noi con questo disastro adesso verso cosa andiamo?» chiede don Cipri. Don Edoardo Bonacasa è ancora più esplicito: «Dobbiamo dire qual è la direzione per uscire da questa merda!». Il vescovo ammette: «Siamo in una situazione estremamente critica. Siamo in tempesta: ma il capitano e l’equipaggio che perdono la calma mentre la nave è in mezzo alla tempesta affondano»”. Ascoltandolo è difficile sostenere che è tutto sotto controllo e il buco è solo un’invenzione di Panorama. Il vescovo di Mazara, che è acuto latinista, ricorda certamente il famoso proverbio: “Ex ore tuo te judico” (“Ti giudico dalle tue parole”). Dalla registrazione riportata da Panorama, e che possiamo leggere su Internet, traggo una conclusione: sicuramente i preti di Mazara hanno dimostrato, nell’incontro con il loro vescovo, l’esigenza di trasparenza, che talvolta manca nelle diocesi. Exemplatrahunt? Lo spero, anzi ne sono certo.