Tra una malinconica selezione di under 13 e una grande vera, che oltretutto diventa ogni giorno più solida (Lombardia o Emilia), forte di una superiorità intrisa di calma paziente, può finire solo con un distacco di sessanta/settanta punti, o giù di lì. Lo portano a casa la formazione maschile della Sicilia, i suoi massimi esponenti da deserto africano, a cui si dovrebbe regalare uno striscione ancor più malinconico ("Fuori dal Comitato regionale per manifesta incapacità"). Le aspettative di miglioramento del movimento ridotte al lumicino, anzi, diremmo che alcune, quindi, si escludono da sé. Una volta c’erano gli istruttori che tiravano fuori dalle palestre gli atleti, pensiamo a Peppino Dispenzieri, oggi ci sono spesso dei mestieranti prestati al basket, degli ex giocatori che non sapendo come “campare” – perché lavorare è faticoso – si fanno mantenere dai genitori dei ragazzini che frequentano (purtroppo) la loro società e poi ci sono dei veri e propri ignoranti con la terza media serale. Questo è il movimento siciliano che ama la nostra federazione di aspiranti “federali”. Ci fa subito venire in mente che di istruttori bravi la Sicilia ne annovera tanti epperò non sono tra i migliori “30” che il Presidente Antonio Rescifina considera come Top e così vengono trascurati dalla Fip Sicilia, nell’allegra rimpatriata di amici, o di amici degli amici, che dovrebbero rifondare il nostro settore tecnico. Ecco perché i giovani selezionati dai tecinici di Rescifina dimostrano che, oggi, il movimento della pallacanestro ha troppo passato e ben poco presente per disegnarsi un destino che vada anche solo a disturbare le altre regioni. Lo ripetiamo fino alla noia: mancano in molti casi gli istruttori, non si lavora più in palestra e soprattutto si fa tutto solo per il Dio EURO. I bambini usati come bancomat piuttosto che educati alle regole del merito che arrivano solo grazie ai fondamentali. Qualcuno lo vuole spiegare al presidente dei Top 30? Oggi il male è l’uso indiscriminato dei centri d’avviamento per garantirsi uno stipendio piuttosto che per educare i giovani al basket. Solo così si spiega il divario tra l’under 13 siciliana e le altre realtà italiane. A meno che qualcuno ci voglia propinare l’idea che in Lombardia e in Emilia i ragazzini giocano con le molle sotto le scarpette. Eppure nessuno del Comitato ha trovato il modo di scusarsi con i ragazzini stessi dell’under 13 umiliati dai pari età per colpa dei grandi che non hanno dato loro le armi tecniche per poter affrontare la sfida. Ma ai grandi non importa: meglio le nuove carte di credito che passare ore e ore in palestra a regalare a quei giovani la passione senza scopo di lucro per questo sport. Sarebbe bello trasformare la sconfitta in una ribellione delle famiglie verso coloro che li “truffano” promettendo dietro pagamento servizi che non forniscono. Ma sarebbe questa la nuova pallacanestro che ci propinano nelle conferenze Rescifina e Co? Del resto da un Comitato che gestisce come gestisce i campionati (dalle giovanili alla C) che possiamo attenderci se non diasastri? Salvi tutti, non retrocede più nessuno. Movimento sportivo fragile e inutile, quando non già naufragato nei debiti. Si può far tutto, disegnando nuove strategie, ma per essere autorevoli e non solo autoritari bisogna anzitutto abbattere quel totem che in Sicilia si chiama diritto al bancomat bambino che fa di un vero istruttore un mercante di asini. Così la nostra sarà pure una riflessione che farà rumore, mostrerà una faccia sporca del movimento e destrezze solo nel contare gli euro delle famiglie, ma ci ricorda che una palestra è un luogo sacro dove si educano i ragazzi al basket, non un villaggio vacanze dove sbarcare il lunario.