La cattiva scuola? Un mondo alla rovescia… o siamo noi alla rovescia?

Stiamo parlando della scuola “dall’altra parte”, quella degli alunni, essenzialmente delle scuole elementari, e rispettivi genitori. Quella che non scende in piazza contro 3 miliardi di investimenti e centomila nuove assunzioni tacciandoli di distruzione della scuola pubblica… ma questo è un discorso che qui non affrontiamo perchè ora ci interessa altro.
Riflessioni, dubbi e prospettive, essenzialmente a livello culturale, che nascono da diretta esperienza dello scrivente, utente, con la propria figliola, dell’obbligatorio e pubblico servizio della scuola.
Il contesto è una scuola elementare dove un increscioso episodio ha turbato il tranquillo scorrere quotidiano fatto di belle recite, belle gite, belle mostre del libro, genitori che si incontrano e parlano fra di loro delle proprie esperienze, ma anche lamentele per gli zaini troppo pensanti, per i troppi compiti a casa dopo otto ore di scuola, per il cibo della mensa che non piace, per le ore di ginnastica spesso saltate nonchè palestre (e non solo) che fanno finta di essere tali, per didattiche talvolta inutili (relativamente per colpa degli insegnanti)… insomma la più o meno quotidianità di molte scuole pubbliche italiane.
L’episodio turbatore è stato risolto tra insegnanti -che hanno ammesso di aver commesso una leggerezza- e genitori. A livello didattico e politico più generale, ne vedremo le conseguenze se, come e quando il ministero darà una risposta a una interrogazione parlamentare depositata in merito al Senato. L’episodio turbatore ci interessa dal punto di vista di analisi culturale e pratica della legalità, che nello specifico era stata violata e, sempre nello specifico, poi ripristinata. Una legalità di primaria importanza per il cittadino insegnante e per il cittadino genitore; nel primo caso -insegnanti- perchè veniva messo in discussione il loro esercizio della missione/lavoro; nel secondo caso -genitori- perchè si tratta, con rare eccezioni, di come vengono trattati i loro figli, le persone a cui tengono di più e per cui sono disposti a tutto.
Lo scrivente, responsabile di questo richiamo alla legalità, è stato maltrattato da alcuni genitori, anche personalmente, mentre accompagnava la figliola all’ingresso della scuola. “Come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere…” e altre parole ed epiteti irripetibili. Altri genitori, più “civilmente”, hanno smesso di salutarlo come sempre facevano. A parte coloro che, nonostante l’evidenza e le ammissioni dei responsabili, hanno sostenuto che non si trattava di illegalità, questi, e altri ancora, si sono ufficialmente pronunciati a favore del mantenimento dell’illegalità (“si fa così da sempre e nessuno ha mai detto nulla…”) o sull’inopportunita’ del metodo di questa richiesta di legalita’ (“i panni sporchi si lavano in casa…”), fino ad esternazioni che noi giudichiamo razziste e sgradevoli (“non sarebbe successo nulla se l’atto illecito, invece che a vantaggio di bimbi di religione cattolica, fosse stato commesso a vantaggio di bimbi figli di immigrati, perche’ ora e’ di moda l’integrazione…”). Mentre altri, condividendo il richiamo e il metodo, hanno preferito non pronunciarsi, col silenzio o con l’assenza al momento ufficiale di confronto (“tanto non serve a nulla…”, “e’ meglio che non mi esponga….”, “temo ritorsioni sul mio bambino…”). Alcune cose importanti per capire il contesto e, in seguito, le conclusioni che ne traiamo: il preside della scuola, che aveva convocato il momento ufficiale di confronto, a quest’ultimo non si e’ fatto vedere e non ha inviato nessun messaggio (lettera di protesta di buona parte dei partecipanti già inviata); non solo, ma come riferito dagli insegnanti, il preside aveva chiesto, visto il clima di quella che lui reputava tensione, di non effettuare un’uscita esterna della specifica classe ad un’iniziativa sportiva in un parco pubblico, richiesta -che per fortuna di tutti- gli insegnanti non hanno seguito…. cosa ci sia nella testa di questo dirigente scolastico non lo sappiamo, ma purtroppo avvalora posizioni di genitori tipo “temo ritorsioni sul mio bambino…”…
Abbiamo titolato “un mondo alla rovescia”. Cioè, chi chiede legalità è visto male. E’ come accade, per esempio, a chi, in un gruppo di persone, viene indicato come contribuente fiscale in regola e meticoloso… come minimo viene valutato come un povero fesso. Oppure -ancora- come chi, in automobile, perde ore nella ricerca di un parcheggio e non lascia il mezzo dove gli torna meglio pur in dispregio delle più elementari norme civiche e del codice della strada, e si arrabbia anche con chi gli fa notare che quel “parcheggio” per esempio impedisca il passaggio sulle strisce di una carrozzella o di un passeggino.
Non solo. Ma chi chiede legalità è considerato un turbatore del presunto equilibrio di tranquillità raggiunto. Equilibrio in cui c’è un misto di vere e proprie condotte di vita basate sull’illegalità e -più frequente- di comportamenti basati sul lasciar perdere, adattamento e modellamento -pur con un pizzico di disagio- all’illegalità. Del resto, il nostro non è un Paese in cui ci sono cartelli, anche e soprattutto apposti dalle autorità, del tipo “E’ assolutamente vietato fumare”? Se l’autorità evoca il divieto presentandolo in modo rafforzativo, è conseguenza che il divieto di per sè non viene giudicato degno di rispetto da parte della stessa autorità… perchè quindi stupirsi se il cittadino “dimentica” di esser tale e per necessità, vezzo, abitudine, serenità e tranquillità decide di essere come l’autorità?
Bene. Noi continuiamo a stupirci. E ad agire di conseguenza. Proprio ieri, due scolaresche di un istituto superiore fiorentino sono venute in visita alla nostra sede nazionale, sempre a Firenze. Una quarantina di ragazzi e ragazze per vedere come funziona un’associazione per i diritti degli utenti e consumatori. Farci domande, toccare dal vivo il nostro impegno e sentire le nostre voci, le nostre storie, le nostre valutazioni, a confronto con la loro quotidianità di giovani utenti e consumatori. Una delle insegnanti che le accompagnava ha detto: “Questo e’ un presidio di legalità, qui trovate persone, iniziative e informazione dedicati al rispetto della legge, anche e soprattutto da parte di coloro che sono preposti ad applicazione e rispetto di questa legge. Nonche’ impegno per cambiare ciò che impedisce questo rispetto e per affermare nuove legalità”. Conclusione. Nel mondo -a nostro avviso- alla rovescia che abbiamo descritto sopra, siamo sempre attanagliati dal dubbio metodico, dal pessimismo della ragione che si mescola all’ottimismo dell’azione. Per questo non possiamo non domandarci: siamo forse noi alla rovescia?

Vincenzo Donvito, presidente Aduc