La superbia è di gran lunga il peggiore dei sette vizi capitali. Perché è l’unico a opporsi tanto duramente al buon senso. L’unico a negare qualunque coinvolgimento col merito. Scriviamo questo dopo aver letto della vittoria di Costa d’Orlando (finalmente!) contro la Virtus Valmontone, gara fischiata da Francesco Micino di Cosenza e Luca Paternicò di Piazza Armerina. Due arbitri scelti non a caso, verrebbe voglia di aggiungere. Sono infatti gli stessi che furono pizzicati prima del derby con il Patti a colloquiare con il papà del giocatore del Costa d’Orlando, Vazzana. Ma evidentemente per la Federazione pallacanestro di Antonio Rescifina non fu motivo di sospensione, anzi di premio. Funziona così? Perfetto presidente Antonio, basta saperlo prima così da potersi attrezzare in futuro, no? Quantomeno sono peccati condivisi. Battute a parte, è l’ennesima riprova che c’è del fumo nel’aria, o comunque, si pensa che l’essere potente permette di mancare di rispetto alle società, ai tesserati. Sono dell’idea che l’aspetto più orrendo della superbia sia quel disprezzo nei confronti degli altri basato su una presupposta impunità dovuta al potere di decidere i destini degli altri. Intelligenza avrebbe dovuto consigliare al designatore di non scegliere Micino e Paternicò per la gara di Capo d’Orlando, ma si vede che funziona così nella Fip di Antonio Rescifina. Tanto per cambiare, anche in questo frangente Dante potrebbe farci da preziosissima guida… nel "suo" Purgatorio. Pure un presidente siciliano, insomma, per quanto sommo sia, è bene che tenga a freno il demone della superbia. Valeva allora, e per Dante: figurarsi oggi, per noi! Credo che il miglior antidoto resti sempre l’understatement cui ci invita la cultura anglosassone. Anche perché più passa il tempo, e più si svela il lato ridicolo della superbia. Questo è il basket che ci propinano, questo è lo stato del movimento, un campionato in cui per partecipare, basta iscriversi; e per iscriversi, basta avere i soldi. Poi, c’è chi corre e chi cammina. Ma tengono, in quei campionati, pure chi l’anno prima ha vinto zero partite, o quasi. Non c’è rispetto per la lealtà sportiva, per chi investe, per chi organizza una società con le regole. Nella pallacanestro targata Rescifina la pena non sarà la retrocessione, ma la solita, dura legge del mercato. Meno vittorie, meno spettatori, meno investimenti pubblicitari (un campionato che non ha meriti né retrocessioni, non interessa a nessuno), meno tutto. Si può fare di tutto e di più anche far finta di credere che non ci sia nulla di male che due arbitri parlino per strada, lontano dal palazzetto, prima di una gara delicata, con il padre di un giocatore che dovranno poi arbitrare e che questo sia accaduto per caso. Si può fare, pure a giochi in corso, anche se il colpo di spugna odora d’amnistia. Mah, queste sono cose che capitano solo da noi. Un luogo senza regole né certezze. Non resterei stupito se il prossimo passo sarà mettersi d’accordo su chi vince e chi perde per diritto divino. Poi, basterà avere un sì da Petrucci. Si è abituati a dire che nello sport può succedere di tutto, ma stavolta nel basket siciliano stanno succedendo cose molto singolari: è tutto chiaro ma non tutto comprensibile, né condivisibile.