”COMPRO ORO” NEL MIRINO DELLE FIAMME GIALLE

Individuate due aziende che, operando all’insegna dei cosiddetti ”compro oro” con oltre cento filiali in tutto il Nord Italia, non hanno versato l’Iva per circa 1,7 milioni di euro ed
hanno occultato ricavi per più di 150 mila euro. Sono questi i risultati complessivi di un’importante indagine nel settore del commercio dell’oro usato condotta dai Finanzieri della Compagnia di Conegliano impegnati nel contrasto all’evasione fiscale. In particolare, la Guardia di Finanza ha focalizzato l’attenzione sulla corretta attuazione delle norme che regolano l’applicazione dell’Iva su questa particolare categoria di beni. A seguito di un’accurata preliminare analisi delle società operanti nel settore, sono stati individuati i soggetti maggiormente “a rischio”, e avviati i controlli che hanno permesso di appurare come le ditte rivendessero l’oro usato, acquistato dai privati cittadini, a un altro operatore del settore “compro oro”, facendo figurare come cessioni di "rottami d’oro" quelle che in realtà erano vendite di oggetti di gioielleria e di oreficeria usati. L’evasione fiscale è stata compiuta proprio approfittando del diverso regime fiscale IVA previsto per i rottami rispetto ai beni usati, indicando poi nelle dichiarazioni dei redditi la cessione di “oro da investimento” o di “rottami d’oro” anziché di oro usato. La distinzione tra le due attività è molto importante ai fini tributari, in quanto, nel caso di cessione di gioielli usati d’oro, si applica l’imposta sul "margine", cioè sulla differenza tra il prezzo d’acquisto e quello di vendita, nella misura del 22 per cento, mentre, nel caso di cessione di rottami ovvero di oro da investimento, si beneficia di un regime più vantaggioso. In breve, i gestori dei “compro oro”, dichiarando indebitamente come “rottami” l’oro usato acquistato da privati in difficoltà economica, hanno beneficiato di un’agevolazione concessa a chi lavora l’oro grezzo (considerato prodotto industriale), sottoposto a una speciale disciplina (il cosiddetto Reverse charge) che evita l’applicazione dell’IVA sulle vendite. Si tratta di un regime che, se non correttamente applicato, può comportare un grave nocumento alle casse dell’Erario. Peraltro, proprio perché i beni in questione
rientrano tra i beni c.d. voluttuari e non di prima necessità, ogni passaggio intermedio deve essere assoggettato al tributo, seppur nei limiti del margine di ricarico. Le Fiamme Gialle di Treviso hanno così appurato che le imprese verificate hanno dichiarato e versato un’imposta inferiore a quella dovuta, conseguendo un indebito risparmio d’imposta, ed inoltre attuato un complesso meccanismo d’indebita riduzione dei ricavi che ha comportato la sottrazione a tassazione di redditi per circa 150.000 euro.