Non è una decisione facile quella che attende 7mila dei 9mila docenti precari, a cui il Miur ha inviato, nella notte tra l’1 e il 2 settembre, la proposta di assunzione della fase B, da attuare in una regione diversa da quella di appartenenza: nei primi due giorni a disposizione, solo in 1.353 hanno accettato di sottoscrivere il contratto a tempo indeterminato. E probabilmente si tratta, in larga parte, proprio di quella fetta di “fortunati” che sono stati assunti vicino casa. Per tutti gli altri, invece, dire sì o no non è facile. In ogni caso, è evidente segnale, se ce ne era ancora bisogno, della scelta sofferta che stanno vivendo questi insegnanti, costretti ad emigrare per svolgere il proprio lavoro, coscienti del fatto che tanti tra loro avrebbero potuto ottenere l’assunzione nella provincia di appartenenza, se solo il Miur avesse si dato retta al sindacato censendo i tanti posti liberi oggi considerati a torto come cattedre solo fino al 30 giugno.
Al dato più che significativo di un solo precario su nove che accetta l’immissione in ruolo a due giorni dalla proposta, va aggiunto quello dei 40mila aventi diritto che hanno rinunciato a presentare la domanda. E i tanti casi di quelli che hanno già detto che rinunceranno. Riducendo ulteriormente il numero di assunzioni svolte attraverso quello che doveva essere il mega piano straordinario delle riforma “spazza-precariato”. Molti di loro stanno vivendo la beffa delle beffe: dopo anni di sacrifici, corsi, concorsi, abilitazioni e specializzazioni conseguite, sono stati costretti a giocare alla “roulette russa” delle fasi B e C del piano di immissioni in ruolo. Per uscirne sconfitti. Per colpa di governanti arguti, che non hanno preso in considerazione che quando si entra nell’orbita degli “anta”, con figli da crescere e anziani da seguire, si è come legati con una doppia corda alla terra d’origine.
Vale per tutti il caso di Mariateresa Volpone, una docente precari di 42 anni, che non lascerà Cosenza per Genova, dove dovrebbe insegnare sostegno alle superiori. Ha detto al Corriere della Sera: «Spero di riuscire a ottenere ancora una volta, come da sedici anni, un incarico annuale nella mia provincia per le mie materie: italiano e storia». E pensa ai ricorsi che presenterà con tanti colleghi che sperano di smantellare con carte bollate la «lotteria» delle assunzioni. Separata da tre anni, una madre a suo carico con disabilità al 100%, aveva «ricominciato a vivere» grazie a un nuovo amore e a una casa acquistata da poco («con mutuo»). «Non voglio cancellare di colpo la mia serenità. Non potrei nemmeno permettermi di tornare a casa: il volo Lamezia-Genova costa 200 euro: dove li trovo questi soldi?».
La docente calabrese è l’emblema di questo assurdo meccanismo, con al centro dei professionisti dell’insegnamento trattati come ventenni alla prima occasione di lavoro. Come lei, dopo l’11 settembre, saranno davvero in tanti a non aver accettato le nuove regole del gioco sulle assunzioni, cambiate in corsa, come se contratti e normativa sul lavoro non esistessero. E che dovranno ricominciare daccapo. Un po’ come al Monopoli, che rimanda il giocatore al Via, visto che con la riforma si è anche deciso di cancellarli pure dalle graduatorie pre-ruolo dove ora sono presenti. Come si fa a non parlare di ricatto e di mancato rispetto per il merito, se queste sono le condizioni, contro cui Anief non a caso ha deciso di ricorrere?
“Chi ha prodotto queste norme assurde – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief – vive probabilmente in un altro mondo. Non bisognava essere dei sociologi o dei profeti per sapere che se un precario attorno ai 40-50 anni di età rifiuta il posto fisso è perché dopo anni di sacrifici e tante supplenze non può proprio abbandonare gli affetti e le incombenze quotidiane della famiglia, spesso composta da tre generazioni, con figli e genitori anziani che hanno bisogno fisico di loro”.
“A rendere ancora più inverosimile questa situazione – continua Pacifico – è il fatto che proprio questi precari andranno ad allargare il numero di quelli che a breve saranno chiamati ancora una volta al 30 giugno come supplenti: se ne prevedono 100mila e sarà la risposta più chiara a chi si ostina da mesi a dire che la riforma avrebbe vinto il precariato. Anche perché, con il passare dei giorni, cresce il numero di posti persi e di defezioni al piano di assunzioni della riforma: già si sono persi per strada 10mila posti, perché si sono lasciati ottusamente fuori delle GaE i candidati abilitati Tfa, Pas, Sfp, magistrali e all’estero. Ma il bello deve ancora arrivare. Perché, oltre alle rinunce, i posti potrebbero scendere nella fase C di altre 5mila se le scuole, in assenza di una risposta del Governo, sceglieranno di assegnare esoneri e semiesoneri ai vicari”.
“Intanto – conclude il presidente del giovane sindacato – cresce però anche la sete di giustizia: è salito a 9mila il numero dei docenti precari che con i legali dell’Anief chiedono al Tar di farsi assegnare una delle 20mila cattedre destinate all’immissione in ruolo, ma andate perse nel sempre più triste nuovo meccanismo di assunzioni creato da chi amministra oggi la scuola sempre più come se fosse un’azienda”.