di Diego Costa
Ho intercettato ieri una lunga dissertazione su radio Sportiva dei soliti "esperti" sulla crisi della Nazionale, sul fatto che non esistono più le "nazionali materasso" di una volta. Ne ho sentite parecchie. Dico anche la mia: una volta Italia-Polonia, non Italia-Malta, finiva 6 a 1, nonostante tra i polacchi ci fosse un certo Lubanski. Ma era un altro pallone. Più lento, dicono tutti. Certo, ma non è quello che fa la differenza. Continuo a ritenere fondamentale la tecnica. E’ quella che faceva la differenza, prima dell’appiattimento provocato dalla tattica e dall’atletismo (che poi si dovrebbe andare a vedere che costi umani e non solo comprende…). Certi giocatori che negli anni ’70 ho visto giocare in Promozione, il ferrarese Vezzelli per esempio, nulla hanno da invidiare, anzi, potrebbero insegnare molte cose ai pari ruolo giovani di oggi, per i quali si spendono ingiustificati e iperbolici aggettivi, quando – calcisticamente – sono poveri di contenuti. Poi, è vero, corrono come assatanati, anzi, come si dice oggi "sanno fare le due fasi"; poi pressano "alto" come spiritati, e li ritrovi sul fondo a chiudere sull’ala avversaria pochi secondi dopo. Io sono vecchio. E rimango fedele alla grande e vecchia scuola tecnica che tanti fuoriclasse ci ha regalato. Rimango fedele agli insegnamenti di piccoli maestri di periferia… come incrocia il tiro che hai più "specchio" di porta, metti il piede perno a posto per indirizzare il tiro, piega così il ginocchio… ma anche una, tattica, che non vedo mai rispettata. Ricordo quando il mio vecchio allenatore diceva: sui calci d’angolo in attacco, la mezzala deve stare all’interno della semiluna fuori area, pronta a sfruttare la corta respinta… insomma, regole elementari oggi passate in disuso.