NON FACCIAMO GLI IPOCRITI

di Roberto Gugliotta

Ogni giorno ne sento e leggo di tutti i colori: basta, dobbiamo difenderci. E’ tornato il pericolo della libertà di stampa (!) e può accadere di tutto. Sono tornate a fiorire le viole – avrebbe scritto qualcuno – e può accadere il peggio. Può accadere che i messinesi si sveglino dal lungo torpore e prendano a fischi i loro paladini dal basso perché di rivoluzionario nel loro modo di gestire la città non esiste prova. Semmai il contrario. E’ questo il pericolo? No, il pericolo è altrove. Non nelle scritte sui muri, il gesto pericoloso è zittire quelli che vogliono svelare intrecci, rapporti, collusioni. Oppure minimizzare gli errori del potere. Il pericolo è altrove: ci sono affari in corso e non bisogna disturbare il SISTEMA. Il pericolo è nella prevedibile reazione. Lo facevano tutti? Allora era quasi normale, quasi morale. Suvvia, non facciamola tanto lunga. Dobbiamo difenderci da questo pericolo. Anni Novanta, anni Duemila, l’oggi quotidiano: la convivenza forzata ci veniva e viene consigliata anche da parte di persone non del tutto dissennate. Ci sono i disservizi, i conti che non tornano, la spazzatura per strada, la villa costruita dove non si potrebbe? Insomma, c’è l’anarchia e la mancanza di regole? Bisogna imparare a convivere con le emergenze. L’Università non pubblica i concorsi per renderli visibili a tutti? Bisogna imparare a cercare dove non si penserebbe di trovare il resoconto di un concorso. Bisogna imparare a convivere con il traffico. Bisogna imparare a convivere con la sciatteria. Bisogna imparare a non lamentarsi mai, semmai nei giorni comandati dal Sistema. Perché a Messina, nella rivoluzionaria Messina, gli scandali li decide il potere e non il paladino. Le zone libere dalle leggi le individua il tavolino e poi tutti noi dobbiamo obbedire. Ci riempiamo la bocca di libertà, legalità, morale e persino di promuovere azioni di trasparenza ma chiediamoci quanto di vero, reale, puro c’è in certe persone… se continuiamo a vivere tra i topi, a non avere un lavoro e a dubitare della bontà di chi ci amministra. Fermatevi a riflettere sulle bugie che vi propinano, sui falsi allarmi che ci indicano, sulle possibilità di ripresa che assicurano: il ragionamento di questi signori rivela tutta la sua pretestuosa fragilità. Bontà, solidarietà e pubblicità. La messinesità rivoluzionaria non è immune dalla sindrome ipocrita del buonismo tanto al grammo che propone e talvolta esibisce nobili sentimenti in offerta speciale: partite benefiche, visite a ospedali e orfanotrofi, collette per poveri e profughi, mattinate con chi soffre, pomeriggi nelle comunità di recupero, serate con gli anziani. E persino un posto (virtuale) okkupato. Io non credo alla loro bontà: cambierò idea solo quando vedrò l’impegno sociale oltre i giorni della bontà obbligata.