
Le immagini che giungono dall’Ungheria sono epocali: reti di metallo e filo spinato per impedire che alcuni esseri umani possano trovare rifugio dalla malvagità, dall’arroganza, dalla sete di potere, dal fanatismo, dall’incapacità di altrettanti esseri umani. Niente di nuovo. La storia è piena di vicende del genere. Solo che, a differenza dei secoli passati, oggi ci sono i media, c’è la Rete, c’è l’informazione in tempo reale e a 360 gradi. Prima si veniva a sapere quel che accadeva solo dopo mesi e anni, coi particolari narrati in qualche libro di qualche tenace e attento osservatore. Oggi è tutto immediato. Meglio così? Credo di sì, anche perchè mi stava stretto il passato e non so cosa potra’ essere in futuro… E quel che più colpisce, a parte alcune isolate e “tagliate” voci che trovano poco spazio sui media, e’ quella sorta di compattezza che le istituzioni ungheresi sembrano presentare nell’assecondare le scelte del governo in carica. Istituzioni in cui includo anche i cosiddetti servitori delle stesse: autorità intermedie, amministrative, fino ai poliziotti. Fin da bambino (sono nato nel 1953), quando piano piano mi sono reso conto cosa aveva significato il nazismo, avendo avuto la fortuna di aver sviluppato un alto senso civico, quello che più mi lasciava “di stucco” era come mai tanti uomini e donne avessero potuto partecipare al tentativo di affermazione di quella ideologia. E restavo attonito quando ascoltavo e mi capitava di frequentare i cosiddetti fascisti locali che, al di là delle macchiette che avrebbero rimpianto qualunque cosa fosse appartenuto alla loro gioventù, non facevano tagli netti con il pensiero e la pratica dei nazisti. Leggevo libri di storia, vedevo film, ascoltavo le storie vive di chi aveva partecipato alla seconda guerra mondiale (tra cui anche mio padre) e anche alcune mitizzazioni della cosiddetta guerra partigiana su cui -forse per fortuna e intuizione- ci facevo già allora la tara. La mia centralità era l’essere umano, con un approccio che, andando avanti col tempo, era sempre meno confessionale. Come poteva un essere umano, figlio di un padre e di una madre, nipote di nonni, marito di donne che adoravano e con cui si riproducevano, amanti della musica e del vivere cordiale, obbedire ad ordini cosi’ raccapriccianti? Certo -mi rispondevo- chi fa il soldato o il servitore dello Stato ha come prioritario scopo l’obbedire, non importa a cosa: obbedire. E quante volte l’ho sentito da parte dei soldati di questo o quell’altro esercito (non necessariamente in armi). Non era un qualche pensatore dell’antica Roma che aveva esplicitato una frase che ancora oggi (pur -per fortuna- in modo diverso) viene ancora usata: dura lex, sed lex? Ma questo non mi convinceva mai, perchè lo associavo all’altro detto latino medievale “mors tua vita mea”, che mi evocava (e mi evoca) barbarie e inciviltà. Da qui quanto evocato nel titolo di queste righe -l’obbedienza è solo una virtù?-, grazie all’applicazione del quale, da parte di uomini e donne anche coraggiosi, in Italia e non solo abbiamo raggiunto livelli di civilta’ umana e giuridica in tempi che per velocità la storia ci aveva insegnato essere impensabili. E di muri, a partire da quello della Cina e d quello di Berlino, ne sono caduti, anche se altri, oltre a quello ungherese, ne sono stati costruiti. Torniamo all’Ungheria. Dover parlare di nazismo et similia non è opportuno, e sarebbe fuorviante. Mentre mi sembra opportuno ricordare quei principi civici e umani che ispirano noi bipedi silenti; principi che, nella mia fattispecie, mi si sono formati come ho descritto sopra e, di conseguenza, non posso non evocarli per capire il presente e pormi alcune domande. Che sono: Ma un poliziotto ungherese, come si sente quando pattuglia le reti e i reticolati con dall’altra parte persone che chiedono aiuto? Possibile che esiste solo il senso del dovere, lo stipendio a fine mese che probabilmente servira’ anche a dar da vivere a dei pargoli? Certo, se erano rarissimi i tedeschi che a metà del secolo scorso avevano avuto qualcosa da ridire sul nazismo, perche’ stupirsi? Sembra non siamo serviti quasi cento anni trascorsi, con l’umano che e’ andato sulla Luna, con quasi ovunque tutti gli esseri umani che hanno uguali diritti e doveri, anche se si continua a morire di fame ed è sopraggiunto l’avvelenamento da incuria, distruzione e avvelenamento ambientale. Ma i poliziotti ungheresi sono li’, a qualche centinaio di chilometri nelle nostre case, il loro governo fa parte integrante dell’Unione Europea, sulla loro pelle hanno vissuto tragedie note a tutti…. eppure, indefessi, vivono la loro obbedienza come una virtù. Forse hanno dei mal di stomaco incredibili quando fanno le loro pattuglie di fronte ai disperati che fuggono da guerra, fame e disperazione, ma probabilmente faranno buon uso di efficaci antidolorifici (premi sugli stipendi?). Sono fatto male io? Mi manca il senso dello Stato? Sono una persona “tutto diritti” e “niente doveri”? Non lo so. Comunque provo molto, ma proprio molto disagio che, più si va avanti, si trasforma in arrabbiatura per meglio esserci, per invitare a disobbedire.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc