La direttiva sul rimpatrio dei cittadini dei paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (cosiddetta «direttiva “rimpatri”») stabilisce le norme e le procedure applicabili negli Stati membri per l’allontanamento dei cittadini dei paesi terzi in soggiorno irregolare. Il 17 aprile 2012 il sig. Skerdjan Celaj, cittadino albanese che si trovava nel territorio italiano, è stato oggetto di un decreto di espulsione e di un ordine di allontanamento corredati di un divieto di ingresso per un periodo di tre anni. Il sig. Celaj ha lasciato il territorio italiano il 4 settembre 2012 e, successivamente, è rientrato nel suddetto territorio in violazione del divieto d’ingresso emesso nei suoi confronti. Il pubblico ministero ha quindi avviato un procedimento penale dinanzi al Tribunale di Firenze nei confronti del sig. Celaj, chiedendone la condanna alla pena di otto mesi di reclusione a norma della legislazione italiana che punisce con la pena della reclusione da uno a quattro anni il cittadino di un paese terzo che entri irregolarmente in Italia trasgredendo un divieto d’ingresso . Il Tribunale italiano chiede alla Corte di giustizia se la direttiva «rimpatri» osti a siffatta normativa. Nella sua sentenza pronunciata in data odierna, la Corte rileva, anzitutto, che la direttiva «rimpatri» non osta, in linea di principio, ad una normativa che qualifichi come reato il nuovo ingresso illegale di un cittadino di un paese terzo in violazione di un divieto di ingresso, prevedendo finanche una pena detentiva, purché tale normativa non comprometta il conseguimento degli obiettivi perseguiti dalla direttiva. La Corte osserva, a tal proposito, che l’attuazione di una politica in materia di rimpatri è parte integrante dello sviluppo, da parte dell’Unione europea, di una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in particolare, la prevenzione dell’immigrazione illegale e il contrasto rafforzato alla stessa. La Corte ricorda altresì che la direttiva «rimpatri» non osta all’irrogazione di sanzioni penali, ai sensi delle norme nazionali e nel rispetto dei diritti fondamentali, a cittadini di paesi terzi cui sia stata applicata la procedura di rimpatrio e che soggiornino in modo irregolare senza che esista un giustificato motivo che preclude il rimpatrio. La Corte da ciò conclude che, a maggior ragione, la direttiva «rimpatri» non osta neppure a che siano irrogate sanzioni penali, secondo le norme nazionali, nel rispetto dei diritti fondamentali ed eventualmente della Convenzione di Ginevra, a cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare che rientrano irregolarmente nel territorio di uno Stato membro trasgredendo un precedente divieto d’ingresso a loro diretto.