Riforma della scuola e della PA e digitalizzazione dei sistemi di pagamento non hanno risolto il problema dei mancati pagamenti di diverse decine di migliaia di precari sparsi per gli 8.500 istituti scolastici italiani: a tantissimi docenti e Ata, assunti a tempo determinato direttamente dai dirigenti scolastici, continua a non essere corrisposta la retribuzione del regolare servizio svolto. Nel frattempo, il Miur “scarica” tutte le responsabilità sul Ministero dell’Economia, che a sua volta si nasconde dietro i soliti indefiniti problemi burocratici e telematici. Per il sindacato, questo modo di procedere, sempre a danno del personale con meno tutele, è inaccettabile.
A nulla servono le rassicurazioni del Mef, che attraverso il portale Noi-Pa, ha di recente pubblicato un avviso attraverso il quale prende solo ulteriore tempo, attribuendo i ritardi di pagamenti a indefiniti “problemi di carattere amministrativo, che hanno determinato il ritardo nell’assegnazione dei fondi sui capitoli utilizzati dagli istituti scolastici, al fine di consentire l’erogazione delle competenze spettanti. Allo stesso tempo sono in corso di verifica soluzioni che consentano di garantire continuità nell’assegnazione dei fondi e una più puntuale erogazione delle retribuzioni”, ha scritto ancora dal dicastero di Via XX Settembre.
Anief ritiene che sino a prova contraria, vivendo in uno Stato democratico, non può essere elusa la Costituzione. La quale, agli articoli 35 e 36, spiega che "la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni" e che "il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto". Pertanto, la violazione di tali articoli basilari, non fa altro che infierire, negativamente, sulle condizioni lavorative che i docenti della scuola italiana affrontano ogni giorno. E che purtroppo si ripercuotono sul servizio formativo, svolto peraltro spesso in ambienti spesso non adeguati, con attrezzature fatiscenti e rivolto a gruppi di studenti sempre più numerosi.
“Si tratta – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief – di una mancanza particolarmente grave, perché un’alta percentuale di questi docenti, assistenti e collaboratori scolastici, pur di lavorare, accetta la supplenza in scuole distanti dal proprio domicilio. Pertanto, sono costretti ad anticipare le spese per il viaggio, spesso anche per il pernotto o per l’affitto, oltre che per il vivere quotidiano. Non assicurare loro lo stipendio, che è un diritto di ogni lavoratore, significa metterli in grossa difficoltà. E siccome lo Stato non può fare orecchie da mercante di fronte ai propri doveri, per noi, quindi, il tempo dell’attesa è finito”.
A questo punto, non avendo avuto dall’amministrazione pubblica alcuna rassicurazione sul conferimento a breve termine degli stipendi non corrisposti, anche sulla base di quanto accaduto in passato, quando il problema si è trascinato in diversi casi sino alla metà dell’anno scolastico, l’Anief ha deciso di rompere gli indugi: il sindacato mette a disposizione, di tutti i precari in attesa di stipendio, un apposito modello di diffida e messa in mora. Il personale interessato, dovrà trasmettere con urgenza agli enti menzionati sul modello stesso, ovvero tale documento dovrà essere indirizzato alla Ragioneria territoriale di competenza (ufficio pagatore della provincia in cui si è svolto il servizio) e presso la scuola attuale sede di servizio.
Allo scadere degli otto giorni di tempo indicati nel modello, entro cui l’amministrazione dovrà liquidare le somme non percepite, in caso di esito negativo, il personale interessato dovrà comunicarlo al sindacato Anief all’indirizzo e-mail stipendi.supplenti@anief.net: in tal modo, riceverà le istruzioni operative per adire alle vie legali per il recupero forzoso delle somme non corrisposte.