di Emilio Fragale
So di andare controcorrente. Non è la prima volta … non sarà l’ultima. A me sembra che il risalto mediatico (che riprende l’evidenza nella richiesta di misura cautelare) ad alcune intercettazioni su "gettonopoli" sia fuorviante. Infatti, al netto delle risultanze (tutte da confermare) della indagine, a leggere – con attenzione e forse con cognizione di causa – alcune conversazioni captate ambientalmente mi sembrano doverose alcune precisazioni. Infatti, il tema del discutere è connesso – ritengo … ritengo di non sbagliarmi – al modo di interpretare la c.d. "effettiva partecipazione" nell’esercitare il ruolo istituzionale e non … ad una spasmodica sete del "coso". Si dibatte – di fatto – sulla differenza tra c.d. "gettone di presenza " e "indennità di funzione". L’argomento, astrattamente considerato, non è così volgare. Tutt’altro! Il concetto è che il c.d. gettone di presenza rischia di risolversi in una premialita’ formale. In fondo, talmente formale, da introdurre – nell’invocare e ottenere la misura cautelare della firma presso il presidio di polizia municipale (immediatamente prima e immediatamente dopo inizio e fine delle commissioni) – una distinzione quasi valoriale al permanere in commissione più o meno di tre minuti. La domanda che si pone è se il trattenersi per tutta la seduta facendosi scivolare addosso ciò di cui si discute connota la "effettiva partecipazione". Il "voglio" la indennità non è – pertanto – da interpretarsi come spasmodica ricerca di danaro immeritato ma come convinta opzione per un sistema di riconoscimento degli emolumenti connessi al ruolo esercitato.
Peraltro, immaginare di indennizzare il ruolo ricoperto introducendo un criterio di merito sul contributo offerto in sede istituzionale è davvero arduo (forse anche pericoloso).
Per esempio, se in commissione o in aula un lungo intervento e’ intriso di corbellerie chi (cioè quale autorità, quale arbitro, quale demiurgo, quale deus ex machina) potrebbe sovrintendere al giudizio sul merito del gettone o della indennità. In fondo in fondo chi potrebbe sovrintendere allo stesso concetto di corbelleria.
Sarà difficile ammetterlo ma solo un voto (che possa finalmente spingersi nell’alveo del consenso) esprime la massima cifra della democrazia che sceglie, vigila, controlla. Il voto e’ il costo ma anche il guadagno della democrazia.
Ora, tra coloro che vengono eletti nel consiglio circoscrizionale, nel civico consesso, nel parlamento vi sono sempre stati (e sempre vi saranno) profili distinti. La categoria degli onesti intellettualmente si divide equamente tra coloro che svolgono attività c.d. d’aula e coloro che si muovono nel territorio. Ambedue sono meritevoli di apprezzamento e di indennizzo. Chi non è meritevole di indennizzo? Il candidato eletto che immediatamente dopo l’esito delle urne ha dimenticato il proprio territorio, il proprio elettorato, il proprio mandato infischiandosene dei problemi delle persone, delle famiglie e delle imprese. O no? Vedere persone da tempo impegnate in politica, a cui riconosco convinta passione e cultura civica, esposte alla gogna mediatica non mi piace. Non mi piace neppure la esposizione per coloro da cui sono empaticamente ed epidermicamente distante (figuriamoci quando la distanza si dilata a dismisura per differenze di stile, credo e orizzonte). Mi sono equamente distanti galoppini e rottamatori. Perché? Perché non mi piace la gogna e … di ciò non mi vergogno.
Mi vergogno, invece, di chi parla sempre alla pancia, agli umori, agli istinti dei cittadini fingendo di assecondare la loro stanchezza, la loro indignazione, la loro esasperazione.
Mi vergogno di chi sta sempre accanto al potere del coltello dalla parte del manico (sia questo potere quello di politici corrotti che di governatori potenti che di magistrati integerrimi che di penne taglienti … intendendosi sostantivi e aggettivi tutti interscambiabili). A Carbone, commissario del PD di Messina, non esito a dire … fai tu un passo in avanti nella intelligenza e non nella convenienza. Soprattutto … limitati a fare il commissario!