di Emilio Fragale
Una leggenda metropolitana circola in questi giorni in città. Palazzo Piacentini vuole salvare Palazzo Zanca. Come dire la iniezione di "fiducia nell’operato dei magistrati" come mezzo di contrasto alla "sfiducia" ventilata contro la attuale giunta comunale da scorie infettanti il consiglio e il municipio. Una sorta di dialisi politica del palazzo che lateralmente si fregia di pesci buddaci praticata dal palazzo sormontato da quattro cavalli. Come fa ora un consiglio comunale delegittimato dalla indagine "gettonopoli" a sfiduciare Accorinti? Come si fa?
La favoletta non mi persuade se non altro perché se è ipotizzabile (forse anche auspicabile) una regia di Palazzo, in quello progettato dall’architetto palermitano Antonio Zanca, mi sembra improponibile in quello disegnato da Marcello Piacentini, passato alla storia come architetto ufficiale del fascio. In quest’ultimo, rappresentanti della pubblica accusa e giudici hanno – come categoria e uti singuli – una sola nota in comune … l’avere sopra di se solo la legge. Nella nostra Costituzione i cittadini "sono eguali davanti alla legge". I Giudici invece "sono soggetti soltanto alla legge". La indipendenza, imparzialità, terzietà di ciascun magistrato non può essere minata da alcuna interferenza esterna o da alcuna (peraltro inesistente) organizzazione, in senso tecnico, gerarchica interna all’ordine (autonomo da ogni altro potere).
Beh … non credo – francamente – ad alcun messaggio subliminale nei fatti di questi giorni e – forse – dei prossimi venturi. Non ci credo perché non è vero. Anche se fosse vero (ma stiamo parlando di cinema) sarebbe irricevibile.
I segretari dei partiti e – ahimè – il commissario del PD hanno sbagliato a rilasciare dichiarazioni sconcluse del tipo "i consiglieri coinvolti facciano un passo indietro". Pensano manieristicamente di trattenere elettorato? Parlino chiaramente e otterranno la risposta … l’unica possibile … magari in forma notarile … quella delle dimissioni. Quali dimissioni? Non dal consiglio bensì dai rispettivi gruppi di appartenenza.
Oggi la città, memore della esperienza Accorinti, non chiede solo onestà chiede (continua a chiedere) capacità. Onestà e capacità camminano di pari passo. Per rientrare, solo con una breve parentesi, nella vicenda giudiziaria de qua, a tacer d’altro nessuna persona onesta e capace che ha ruolo e/o funzione e/o titolo a Palazzo Zanca è stata raggirata. A ragionar d’altro ci sentiremmo (si … uso il plurale maiestatis) leggermente presi per i fondelli. Chiusa parentesi. La capacità … comunque sia … non può essere trasfusa da un palazzo all’altro. Se Accorinti non si dimette il tema della sfiducia va riproposto con immediatezza. I consiglieri coinvolti nella vicenda, quelli sfiorati e quelli graziati risponderanno (si difenderanno) giudiziariamente e/o eticamente dai capi di imputazione ma … chi voleva perseguire la strada della sfiducia non demorda. Si costituisca il "gruppo misto" della sfiducia. Ecco come si fa! Tutti a casa. Prima il Sindaco; a seguire il consiglio. Poi i segretari dei Partiti, compreso il prossimo segretario del PD (celebrato al più presto il congresso dopo avere avviato il nuovo tesseramento) si scommettano per ritessere fiducia nella comunità recuperando – in seria proposta – autorevolezza morale, progettuale, gestionale.