di ANDREA FILLORAMO
E’ indubbio che oggi, in pieno periodo di Papa Francesco, in cui si chiede, nella Chiesa, la verità su tutto e su tutti, la “mancata trasparenza” nella gestione della diocesi di Messina, Lipari e S. Lucia del Mela, da parte del vescovo La Piana, invocata dalle righe di questo giornale più volte, e in modo che a qualcuno, nel passato, è sembrato quasi ossessivo, induce ancora una volta, a distanza di due mesi, a tornare sui motivi che hanno costretto l’ex arcivescovo alle sue dimissioni. Non si può infatti tacere sul fatto traumatico e improvviso che ha colpito non solo un uomo, il cui nome è Calogero La Piana, ma un’intera diocesi che fino a oggi e non si sa fino a quando, non avrà un titolare, ma un Amministratore Apostolico. Mons. Antonino Raspanti ha accettato di reggere due diocesi, di cui una, quella di Messina, è molto estesa e problematica e il cui arcivescovo, all’età di appena 63 anni, senza dare alcun preavviso, ha lasciato il prestigioso incarico. Cerchiamo di seguire passo dopo passo gli avvenimenti. Tutto ha inizio con Il convocazione a Roma del vescovo, seguita dalla sua comunicazione al clero riunito in assemblea, che viene informato delle sue dimissioni- si è detto- per motivi di salute. La notizia immediatamente occupa i siti della rete e gli spazi dei giornali, che fanno a gara per individuare i motivi della dimissione. Trascorsi alcuni giorni dopo che i “mormorii” “le insinuazioni” ma anche alcune notizie tenute segrete fino ad allora, si erano insinuate fra le righe dei giornali, l’arcivescovo emerito convoca un’assurda conferenza stampa, che qualcuno chiama una “sceneggiata” in cui spara a zero contro la stampa cittadina; legge, fra pianti soffocati, fra la rabbia e l’ostentata pacatezza, fra le minacce e le blandizie, una lettera, che dice d’aver inviato, già dal mese di maggio, al Santo Padre, in cui lo prega di accettare le sue dimissioni per motivi di salute. Per molti, però, è risultato estremamente difficile credere all’autenticità di una lettera, in cui il supposto mittente evidenzia in modo accentuato la datazione, e alcuni particolari, ed enfatizza alcuni elementi a discapito di quelli utili per l’ottenimento di quanto richiesto. Lo scetticismo su tale lettera e sui motivi di salute addotti dal vescovo è pienamente condiviso da coloro che seguono le sorti della diocesi che fanno notare come nel passato la diocesi ebbe dei grandi arcivescovi, come Paino, Fasola, Cannavò, Marra. Essi, pur in mezzo alle immancabili difficoltà, non rinunciarono, fino a quando raggiunsero l’età canonica e perché obbligati, al governo pastorale della diocesi, né furono dimessi dal Papa. Per essi, come per quasi tutti i vescovi, che sono pronti a dare anche la loro vita per la loro chiesa, fare il vescovo ha significato celebrare un “matrimonio” indissolubile con la diocesi che, non prevede né “separazione” né “divorzio”. Si prenda atto che così non è stato per La Piana. Lo scetticismo delle dimissioni, trova una sua giustificazione, anche dall’”inimmaginabile”, “assurdo”, “controproducente”, qualcuno direbbe “stupido”, ma per non offendere un prete si deve dire “ingenuo” “coup de théâtre”, operato, nel bel mezzo della conferenza, dal prete Tripodo, da alcuni mesi Vicario generale. Egli, infatti, preventivamente censura i giornalisti imponendo loro il silenzio su alcuni temi “sensibili”, che hanno avuto come protagonista La Piana. A commento: mi si consenta di fare un volo di fantasia e di utilizzare un linguaggio immaginifico. Il vescovo e il suo vicario non intendono far conoscere i veri motivi delle dimissioni di La Piana, ritenendoli “dati sensibili” e preferiscono costruire una “nicchia tombale”, dove si rifugiano, fatta di silenzio, di non credibilità, di atteggiamento omertoso, i cattivi direbbero di falsità, e sulla pietra di quella nicchia scrivono: “qui giace Mons. Vescovo … Qui giace il povero Vicario”. Questa immagine l’ho ricavata da “ Miraggi a Saint Jean Pied de Port” autore: ongi e torri ed. IMG Press”, libretto ironico, di cui ho curato la recenzione (IMGpress, capitolo Culture, del giorno 22 novembre u.s,), che i lettori sono invitati a leggere e in cui qualcuno può vedere adombrati, senza grande sforzo, i “fantasmi” immaginati di Mons. La Piana e del suo fedelissimo vicario Tripodo. Si può osservare che la motivazione delle dimissioni siano ben presenti nell’”Osservatorio Romano”, che riferisce di dimissioni per “motivi di salute” di S.Ecc.za Mons. Calogero La Piana. Questa però è una prassi. Occorre osservare che non esistono liste ufficiali di vescovi rimossi dal papa, ma solo di dimessi anche perché aldilà dei casi più eclatanti, normalmente accade che il vescovo invitato a lasciare la guida di una diocesi per motivi dottrinali, morali, di malgoverno ecclesiastico o amministrativo, viene convinto a rassegnare le dimissioni al papa prima del compimento dell’età pensionabile di 75 anni in base al noto comma 2 del canone 401 del codice di diritto canonico che recita: "Il vescovo diocesano che per infermità o altra grave causa risultasse meno idoneo all’adempimento del suo ufficio, è vivamente invitato a presentare la rinuncia all’ufficio". E il papa accoglie le sue dimissioni molto rapidamente. Normalmente questo comma 2 del canone 401 riguarda i vescovi colpiti appunto da "infermità" fisica o psichica, ma non mancano i casi di "altra grave causa". L’accettazione da parte del vescovo dell’invito del papa a dimettersi dà, perciò, la possibilità di far convivere sotto l’ombrello del comma 2 del canone 401 del codice di diritto canonico i vescovi colpiti da patologie con quelli invitati a dimettersi per altra grave causa. Certo che se le dimissioni nel caso delle “gravi cause” si equivalgono alle rimozioni, tuttavia esse salvano il vescovo dall’immancabile ludibrio da parte di chi non tollera che il proprio vescovo si macchi di colpe gravi tali di non essere più degno di esercitare il ministero, specialmente se si pensa che la gran parte dei "gravi motivi" che portano alle dimissioni anticipate dei vescovi riguardano questioni morali. Quel che sta avvenendo adesso nella Chiesa per quanto riguarda la rimozione e le dimissioni dei vescovi avviene da diversi anni.Nessuno pensi, perciò, che sia stato Papa Francesco quello che ha rimosso o ha convinto a dimettersi più vescovi dai loro uffici. Prima c’è statoBenedetto XVI che ha preso su di sé il fardello della Chiesa di Giovanni Paolo II (e dei predecessori). “Un orso dal sorriso di velluto, un po’ timido; ma che saprà ricordarsi, se ce n’è bisogno, che gli orsi hanno anche unghie e denti”. E credo che questo sia il riconoscimento più sobrio e giusto da dare a papa Ratzinger. Mons, Miguel Maury Buendia ha dichiarato, che Benedetto XVI “ha compiuto una pulizia dell’episcopato. Ha rimosso due o tre vescovi al mese in tutto il mondo perché la loro diocesi era un pasticcio, o la loro disciplina un disastro. I nunzi del posto andavano dal vescovo e gli dicevano: ‘Il Santo Padre le chiede per il bene della Chiesa di dare le dimissioni. Quasi tutti i vescovi, quando il nunzio arrivava, riconoscevano il disastro e accettavano di rinunciare. Ci sono stati due o tre casi in cui hanno detto no, e così il Papa semplicemente li ha rimossi”. Insomma, Papa Benedetto ha fatto tutto quello che poteva per lasciare al successore una chiesa più pulita di quella che aveva ricevuto. Papa Francesco ha raccolto il suo fardello, inserendolo però in un progetto di carità che prevede la lenta ma necessaria sostituzione della vecchia guardia con vescovi che condividono il suo stesso progetto. Speriamo che fra questi ci sia il nuovo vescovo di Messina.