Nella scuola superiore, il Governo ha intenzione di rivedere il piano di ore d’insegnamento settimanale per dare più spazio alle attività di formazione presso le aziende. Il piano, che ha già incassato il sì dalla Conferenza Stato-Regioni, è stato presentato alle parti sociali, nel corso del tavolo di lavoro avviato nella sede del Partito Democratico avviato in questi giorni: illustrando la delega fornita al Governo per l’attuazione della Legge 107/2105 sulla “Revisione dei percorsi di istruzione professionale e attuazione dell’alternanza scuola lavoro”, il piano è stato illustrato dalla relatrice Cristina Grieco (Pd), membro della Conferenza Stato-Regioni.
Sulla nuova alternanza scuola-lavoro, prevista dal comma 33 in poi della legge di riforma approvata lo scorso luglio, l’idea di fondo è imporre la dualità dell’alternanza scuola lavoro attraverso il sistema dell’apprendistato, in modo che i giovani studenti, anche al di sotto dei 16 anni possano anch’essi essere avviati al mondo del lavoro tramite la costituzione di imprese simulate. Alla luce della frammentazione dei percorsi professionali, dovuta alla multidisciplinarità dei settori, il rappresentante Pd ha quindi spiegato che è necessario revisionare il monte ore della didattica e incrementare le ore laboratoriali, anche attraverso il potenziamento dell’alternanza scuola lavoro già previsto per legge, secondo il principio di sussidiarietà, e confermato dalla riforma della Buona Scuola approvata a luglio.
La proposta non ha raccolto i consensi attesi. Anief, in particolare, è contraria al principio di sussidiarietà tra gli obblighi formativi, perché porterebbe inevitabilmente ad una nuova stagione di tagli ai monte ore della didattica in aula, con conseguente perdita di posti cattedra a favore della formazione in azienda. L’alternanza scuola lavoro è, invece, uno strumento potente di avviamento professionale. Che merita momenti di riflessione più intensi e più meditati.
Il giovane sindacato ha spiegato al partito di maggioranza che questi obiettivi sono decisamente spostati rispetto alle reali esigenze formative dei nostri giovani: lo statuto dei lavoratori, il D.M. 300 del 1977, nonostante alcune modifiche recentemente apportate, prevede ancora, all’articolo 10, che il lavoratore è un soggetto avente titolo a completare un percorso di studi. Allo stesso modo lo statuto degli studenti e delle studentesse del 1998 accorda il diritto degli studenti alla partecipazione alle attività extracurricolari organizzate dalla scuola.
“Premesso che le ore settimanali di insegnamento non devono essere ulteriormente decurtate, ma tornare al monte presente prima della riforma Gelmini, l’alternanza scuola lavoro prevista dai commi 7, 33 e a seguire della la Legge 107/2015, individua una nuova figura a cavallo tra le due e non sufficientemente normata”, spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario confederale Cisal. “Basti pensare quanto tale mancanza sia rilevante sul piano della sicurezza, perché quando lo studente opera all’interno dell’istituto scolastico è soggetto attivo/passivo del servizio di prevenzione e protezione della stessa scuola; viceversa, in azienda è soggetto al medesimo servizio della struttura ospitante”.
“Si tratta di una passaggio normativo fondamentale. Non dimentichiamoci – continua Pacifico – che il flusso previsto di lavoratori-studenti, a regime, quando la riforma sarà attuata nel triennio finale di tutte le scuole superiori, riguarderà un numero superiore al milione di studenti dai 16 anni in su. Appare pertanto ineludibile regolamentare, con un apposito statuto, questa nuova figura di studente lavoratore, mai stata così numerosa sul mercato del lavoro. Occorre poi integrare, con opportune modifiche legislative, sia il Testo Unico sulla sicurezza, il D.L. 81 del 2008, sia i piani sulla sicurezza delle scuole organizzatrici e delle aziende ospitanti gli allievi. Per tutte queste ragioni, gli studenti fanno bene a protestare in piazza e a rivendicare il rispetto dei loro diritti: il sindacato condivide le loro preoccupazioni”.
Anief, pertanto, chiede l’approvazione delle linee guida, dello statuto dello studente-lavoratore: perché occorre emettere con celerità i decreti che individuano gli enti convenzionati, tra cui enti pubblici, con le scuole prima dell’approvazione del nuovo Piano dell’offerta formativa. E senza le linee-guida, le scuole, ma soprattutto gli studenti, vivranno questa esperienza con notevole disagio.
“Le scuole superiori stanno vivendo una contraddizione, perché pur senza il decreto specifico contenente le regole organizzative degli stage e gli enti accrediti presso la Camera di Commercio sono state comunque chiamate, sin dallo scorso mese di settembre, compresi i licei, a pianificare le attività in azienda. E come se non bastasse, altro controsenso, come si fa a – chiede Pacifico – programmare il tutto se il nuovo Piano dell’offerta formativa sarà pronto solo a gennaio?”.
Un’altra criticità da superare, sempre sul fronte degli stage, deriva dalla imposta di bollo fatta gravare dal Governo sulle aziende ospitanti per l’iscrizione all’albo unico presso la Camera di Commercio. “Le probabilità di una deriva mercantilistica delle disponibilità da parte delle aziende – spiega Gianmauro Nonnis, che ha seduto al tavolo allestito dal Pd – sono davvero alte, essendo lo studente lavoratore un ‘peso’ per l’azienda, la quale per ospitarlo deve pure pagare una tassa. Va da sé che la disponibilità ad accogliere nuovi gruppi si potrebbe esaurire in fretta creando un eccesso di domanda da parte delle scuole che hanno l’obbligo di indire l’alternanza Scuola-lavoro e, di contro, una contrazione dell’offerta da parte delle aziende che non hanno il medesimo obbligo e per assolvere il quale devono pure pagare un bollo”.
“Lo scenario che si delinea è rischioso: le scuole, tramite le convenzioni con le aziende, potrebbero essere portate ad alzare la ‘posta’ pur di offrire questo servizio agli studenti”, conclude il sindacalista Anief.