In appendice al libro dal titolo “Persecuzione”, di Mario Arturo Iannaccone, pubblicato da Lindau (2015), c’è una lunga lista di beati e canonizzati di martiri assassinati prima e durante la guerra civile spagnola. Una lista che da sola testimonia l’eccezionale violenza nei confronti della Chiesa spagnola. Nel complesso l’opera di beatificazione iniziò dopo il 1998 con San Giovanni Paolo II, poi Benedetto XVI, quindi è continuata con papa Francesco. Prima le opere di beatificazione andavano a rilento, perché la Chiesa intendeva evitare che la memoria di questi assassinati dagli anarco-comunisti repubblicani fosse usata politicamente o strumentalizzata in certi ambienti politici (leggi destra franchista).
Perchè sono stati beatificati solo i religiosi uccisi dai rojos? Nel libro troviamo alcune risposte sulla persecuzione della Chiesa in Spagna. Per esempio nel capitolo 7°, Iannaccone spiega perché sono stati beatificati soltanto i religiosi uccisi dai rojos.”La risposta è stata data molte volte ed è sempre la stessa: molti di coloro che furono uccisi dai repubblicani, lo furono per l’odio di questi verso la fede cattolica, mentre non è provato sia avvenuto lo stesso per coloro che morirono per mano della parte nazionale”. Poi esistono altri religiosi che morirono come “soldati della Repubblica”, perché precettati. Altri furono innocenti vittime della guerra ma non si può provare che morissero per la fede e questo li accomuna agli oltre 300.000 morti che questa guerra costò alla Spagna. Tuttavia, molti di coloro che furono assassinati, non sono stati beatificati o santificati, furono però dei “veri eroi e come tali meritano di essere ricordati (a non pochi di essi sono stati dedicati statue, monumenti, piazze, vie, parchi…) ma non furono, fino a che non viene provato il contrario, martiri della fede”. In merito alle beatificazioni, Iannaccone precisa che “la Chiesa beatifica o canonizza solo i martiri cattolici, anche se ammira eroi non cattolici o cattolici non morti in odium fidei e comunque rispetta tutti i morti di quella immensa tragedia”. Lo studioso ricorda alcune opere autorevoli sulla persecuzione religiosa. Ma soltanto negli ultimi tempi, gli storici sono riusciti a chiarire molti punti oscuri, anche se c’è ancora molto da fare. Dopo le beatificazioni del 28 ottobre 2007 (498 persone) e del 13 ottobre 2013 (522 persone) sono state scritte quasi 200 libri, saggi storici e di approfondimenti di aspetti generali o particolari. Molte di queste opere sono apologetiche scritte nelle diocesi. Però, l’opera più importante ed esaustiva, riguardo i beati, sono i due volumi curati da Vicente Carcel Ortì, Martires del Siglo XX en Espana (BAC, Madrid 2013), si tratta di circa 2500 pagine, dove si ricostruisce le radici dell’aggressione alla religione e alla Chiesa nel 900′ spagnolo, ma racconta anche una breve biografia dei 1523 tra santi e beati proclamati dopo la Guerra Civile quasi tutti a partire dal 1992 a oggi sotto i tre ultimi papi. Questa è un’opera che aggiorna le precedenti pubblicate sempre dallo stesso autore.
Il testo di Iannaccone che ho letto, racconta giorno dopo giorno l’assassinio dei beati, “un’impressionante e secca cronaca delle uccisioni suddivise per data”.
I primi attacchi alla Chiesa spagnola
Iniziarono il 18-19 luglio 1936, furono incendiate chiese, uccisi parroci, religiosi, laici cattolici. “la furia iconoclasta distrusse metodicamente tutte le immagini delle numerose chiese, cappelle, conventi e così le croci, le insegne del Sacro Cuore…”. Molti degli assassinati laici e religiosi cattolici avvenne il 25 luglio, giorno di Santiago Apostolo, un lungo elenco di religiosi, dai carmelitani ai lasalliani, i passionisti, i domenicani, fino ai mercedari. Una quarantina di pagine. Tutti questi ed altri centinaia di casi, secondo Iannaccone, “mostrano un’azione coordinata nel territorio controllato dai repubblicani nelle primissime ore dell’alzamiento, come tutto fosse già pronto”.
La ritualità dell’assassinio dei religiosi.
L’8° capitolo viene dedicato ai casi più celebri, le uccisioni di gruppo come il “massacro dei 51 clarettiani di Barbastro”, uccisi in uno spazio di tempo che va dal 20 luglio al 18 agosto, un vero e proprio rito di morte protratto nel tempo. I giovani seminaristi tenuti prigionieri, in condizioni proibitivi, in un estate calda, hanno subito un lento calvario, sono stati uccisi poco alla volta. I carnefici miliziani tentarono in tutti i modi di farli abiurare, introducendo nel luogo della prigionia, anche delle donne, qualche prostituta e alcune miliziane addestrate alla seduzione. Inoltre davanti al luogo in cui li tenevano prigionieri, i miliziani, fecero sfilare alcune donne vestite con i paramenti sacri. “Era una forma di scherno feroce che in questo caso prendeva di mira la virilità di uomini che vestivano tonache”.
Peraltro “dai documenti risulta che dei circa 8000 religiosi uccisi soltanto uno abbia abiurato”. Lo storico descrive l’assassinio anche nei particolari, “Dopo essere stati fucilati fu dato loro il colpo di grazia e lasciati lì a sanguinare perchè non sporcassero di sangue il camion. Qualche ora dopo i miliziani tornarono, caricarono i cadaveri e li seppellirono in una fossa comune gettando sui corpi acqua e calce viva. Ignoravano che le loro vesti portavano cucito un numero che avrebbe consentito di identificarli”. Tutti i religiosi prima di morire gridarono: “Lunga vita a Cristo Re! Lunga vita al Cuore di Maria. Lunga vita alla Chiesa Cattolica!”, perdonando i propri aguzzini.
A Consuegra (Toledo) vennero uccisi 20 francescani, un’esecuzione accettata dal sindaco e dai membri del consiglio comunale. Una giunta socialcomunista che “considerò un dovere far fucilare dei naturali nemici della Repubblica”, tra l’altro il sindaco accompagnò gli esecutori dell’assassinio sul luogo della fucilazione come fosse un atto politico dovuto.
A Toledo oltre ad essere uccisi 16 carmelitani, furono distrutti circa 30.000 volumi di grande valore storico, con molti incunaboli e manoscritti antichi lì conservati da secoli. Iannaccone sottolinea come la diocesi di Barbastro sia stata la più colpita dalla repressione, qui c’è stata la percentuale più alta di preti assassinati di tutta la Spagna.“Fu più violenta di quella rivolta contro coloro che avevano partecipato alla sollevazione militare. Segno che esisteva una motivazione separata, mascherata da altri pretesti: eliminare la Chiesa dalla vita della Spagna”.
Venivano uccisi anche i religiosi, monaci, che operavano negli ospedali, magari più rinomati e più avanzati e moderni per il trattamento di gravi malattie. Il fatto che fosse gestito da religiosi, risultava intollerabile per coloro che erano stati educati a ideologie radicali. Come gli 11 hermanos dell’Hospital Infantil de Malavarrosa uccisi a Cabanyal de Valencia. Beatificati da papa Francesco assieme ai 498 martiri il 13 ottobre a Tarragona.
Poi c’è il caso dei 46 hermanos maristas (Montcada, Barcellona). I maristi furono secondo Iannaccone una delle congregazioni più colpite dai miliziani comunisti. Naturalmente nessuno di loro aveva una vocazione particolare nella politica. Sarebbe interessante poter raccontare la loro storia. In questo momento penso ai fratelli maristi che ho conosciuto nelle scuole di Taormina.
Iannaccone nel libro non lesina i particolari efferati delle uccisioni, come il caso del giovane padre Gabriel Albiol Plou. Una crudeltà estrema, a costo di sembrare sadico, vale la pena fare la descrizione:“gli tagliarono entrambe le orecchie e poi lo costrinsero a bagnare le ferite con l’acqua di mare. Fu frustato e bastonato in tutto il corpo. Gli furono bucati gli occhi, rendendolo cieco. Gli tagliarono la lingua, poi i genitali, quindi gli fu infilata la baionetta in un orecchio. Dopo la tortura fu colpito da alcune pallottole e lasciato morire lentamente a dissanguarsi”. Uno degli aspetti più sconcertanti delle esplosioni anticattoliche della Spagna del ‘900 è quella delle esumazioni ed esposizione di cadaveri mummificati, ridotti a scheletri o decomposti di religiosi e religiose, estratti dai sepolcri ed esposti davanti alle chiese e conventi o addirittura nelle pubbliche vie. Esistono diverse testimonianze fotografiche. Io ricordo sempre un numero speciale di un giornale storico degli anni ’60, dove in copertina c’era una mano insanguinata che teneva la Spagna; é qui che ho visto per la prima volta queste immagini raccapriccianti.
Domenico Bonvegna
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