Profughi: il gelo dell’Unione europea

di Roberto Malini

Diciotto migranti hanno perso la vita nelle acque del Mar Egeo, a causa del naufragio del barcone su cui si trovavano, diretti verso l’isola greca di Kos. Fra le vittime, almeno dieci bambini. Nei giorni scorsi altri migranti, altri bambini erano morti durante viaggi della speranza. Nel 2015 si parla di almeno cinquecento profughi annegati sulle rotte disperate verso luoghi ritenuti sicuri. In realtà, sono molti di più e la percentuale di bambini è altissima. La costante di queste tragedie è il gelo delle istituzioni. Parlamento europeo, Commissione europea, Consiglio dell’Unione europea solo di rado esprimono cordoglio e ormai non utilizzano più gli strumenti dell’interrogazione e dell’inchiesta parlamentare finalizzate a dare corpo a programmi di soccorso in mare adeguati, istituendo una flotta aeronavale dedicata esclusivamente a salvare vite umane. Altrettanto indifferenti i media, che pubblicano le notizie relative ai naufragi corredandole solo di gelidi numeri. Ogni tentativo da parte della società civile di denunciare l’inerzia istituzionale proponendo piani di soccorso viene regolarmente censurato. Fino a due anni fa, in Italia, fra i quotidiani nazionali solo la Repubblica dava spazio alle proposte di EveryOne Group. Poi basta, è calata la cortina di gelo e indifferenza. Ricordiamo per l’ennesima volta l’impegno che la Commissione europea si assunse nel 2012 rispondendo all’ennesimo appello di EveryOne Group e predisponendo investimenti in programmi di salvataggio in mare. EveryOne Group ricevette anche rassicurazioni telefoniche da parte dell’istituzione europea e un canale fra l’organizzazione per i diritti umani e l’Ue fu aperto, con l’obiettivo di dire basta alle morti in mare. Ogni promessa fu poi disattesa, nessun progetto messo in atto. Un atteggiamento disumano che è responsabile di migliaia di morti, di tragedie inaudite e di una condizione di viaggio che per i rifugiati è sempre più grave.