Secondo un’analisi realizzata dall’Ufficio studi della CGIA, nel 2015 i prodotti che hanno registrato la riduzione di prezzo più importante sono stati Gpl auto e metano (- 17,8 per cento), il gasolio per l’autotrazione (- 12,3 per cento), il gasolio per il riscaldamento (- 11,8 per cento), i computer, i palmari e i tablet (- 11,7 per cento), i cellulari (- 10,1 per cento) e la benzina (- 9,8 per cento). Per contro, invece, i rincari più importanti hanno interessato le arance (+ 10,8 per cento), la verdura fresca (+9,7 per cento), la fornitura d’acqua (+9,3 per cento), i frutti a bacca, come le fragole e l’uva (+8,9 per cento), la raccolta delle acque di scarico (+ 8 per cento), altri agrumi diversi dalle arance (+7,4 per cento) e l’olio d’oliva (+6,1 per cento).
Dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo:
“Il calo dei prezzi dei prodotti energetici è avvenuto a seguito della forte contrazione registrata quest’anno dal costo del gas e, in particolar modo, del petrolio. La media del Brent nell’intero 2015, ad esempio, è stata pari a 53 dollari/barile rispetto ai 99 del 2014. Si pensi che l’andamento delle quotazioni internazionali delle fonti di energia ha consentito un calo del 22 per cento della nostra fattura energetica nazionale, passata dai 44,6 miliardi di euro del 2014 ai 34,7 miliardi del 2015”.
I forti rincari registrati dai prodotti ortofrutticoli, invece, sono ascrivibili ad alcuni aspetti.
“Se da un lato le condizioni meteo e la siccità hanno messo a dura prova tutto il settore della frutticoltura, diminuendo la produzione di alcune specie chiave, dall’altro il forte caldo estivo ha spinto all’insù la domanda di frutta”.
Inoltre, vanno tenuti in considerazione altre due fattori:
“Secondo alcune stime – prosegue Zabeo – quest’estate diversi prodotti ortofrutticoli hanno subito dei ricarichi di prezzo dal campo alla tavola che sono arrivati a toccare punte del 500 per cento. Ciò è riconducibile all’eccessiva frammentazione del sistema di distribuzione e, in parte, alle attività speculative messe in atto dagli intermediari commerciali presenti lungo la filiera. Senza contare che la domanda è in costante aumento a seguito delle modifiche delle abitudini alimentari degli italiani. Secondo l’Istat, infatti, l’anno scorso le famiglie hanno speso mediamente per l’acquisito di frutta e verdura 97,40 euro al mese, a fronte dei 97,20 euro per la carne che dal 2011 è in diminuzione. Un sorpasso che fino a qualche anno fa nessuno avrebbe immaginato.”
In generale, concludono dalla CGIA, nel 2015 il calo dei prezzi ha “colpito” 3 divisioni di spesa su 12. I trasporti (-2,6 per cento), le comunicazioni (-1,3 per cento), e l’aggregato abitazione, elettricità, combustibili (-0,9 per cento). Gli aumenti più rilevanti, invece, si segnalano tra i servizi ricettivi e la ristorazione (+1,2 per cento), l’istruzione (+ 1,8 per cento) e le bevande alcoliche e i tabacchi (+2,7 per cento). Ma a preoccupare gli artigiani mestrini è soprattutto il trend di discesa dell’inflazione che per l’anno in corso si profila attorno allo zero per cento.
“Come ci insegnano gli economisti – segnala il segretario della CGIA Renato Mason – il rischio è quello di scivolare nella spirale della deflazione. La recessione economica e le politiche di austerità praticate in questi ultimi anni hanno spinto la disoccupazione su livelli inaspettati, mentre le sacche di povertà e la sfiducia si sono diffuse a dismisura facendo crollare i consumi che, nonostante la ripartenza del 2015, sono lontani dai livelli pre-crisi. Grazie alle iniezioni di liquidità messe in campo dalla BCE, speriamo che l’inflazione riprenda a salire attestandosi attorno al 2%, trascinando la crescita, la spesa delle famiglie, gli investimenti e favorendo la ripresa dell’occupazione”.