di ANDREA FILLORAMO
Conosco un prete, uomo di grande fede, noto per il suo impegno pastorale, sempre fedele – come dice – (e per quel che dice è sicuramente credibile) al suo impegno celibatario, Recentemente a 27 anni dalla sua prima messa, nel “risveglio” improvviso (almeno così afferma ) della sua “natura”, ha sentito fortemente il richiamo della “carne”, che ha cercato sempre di tenere a bada con la preghiera e con la rinuncia a ogni piacere sessuale. Per tanto tempo egli era riuscito a moderare i suoi istinti , anzi a sublimarli attraverso la sua attività ministeriale. Ciò fino a quando, ebbe ad accusare alcuni disturbi comportamentali definiti da lui stesso, persona molto intelligente e preparata, “nevrotici”. Amava e ama talmente la sua vocazione che mai avrebbe abbattuto quella “barriera” che lo distanziava dalla normalità sessuale, alla quale egli aveva rinunciato all’età di 23 anni, quando ricevette l’ordine del suddiaconato e poi quello del presbiterato. Egli per tutto il periodo della sua formazione in seminario e per tutto l’esercizio del suo sacerdozio e fino allora, riteneva che la castità scaturisse dalla sua fede e che quindi castità e fede si richiamassero a vicenda. Gli fu consigliato da un suo confratello di farsi seguire da un noto psicologo della città ma, per vergogna o come lui diceva per “privacy”, non ha accettato tale invito. Nel mese di ottobre u.s. tentò il suicidio. Fu salvato miracolosamente. Ancor oggi i suoi parrocchiani credono che il tentato suicidio fosse motivato dall’intenso lavoro di un prete super impegnato. Ci chiediamo: ma la psicologia, scienza alla quale era stato consigliato a quel prete di rivolgersi e la fede sono sicuramente un probabile connubio? E poi: la psicologia poteva aiutarlo a risolvere i problemi sessuali? E’ indubbio che psicologia e fede possono sembrare a prima vista come un connubio improbabile, ma secondo una recente edizione di una rivista di psicologia, si tratta di due elementi compatibili.In effetti, la psicologia ha bisogno di una concezione della persona umana che possa descrivere in modo accurato il nostro corpo e la nostra anima e la loro interrelazione. Inoltre, la psicologia dovrebbe riconoscere che l’essere umano è portatore di desideri sia naturali che trascendenti. Così si apre l’ultima edizione della rivista “Edification: Journal of the Society for Christian Psychology” (vol. 3, n. 1, 2009). Considerato, poi, l’obiettivo della psicologia di assicurare il benessere dell’uomo in termini di salute mentale, è utile comprendere la natura della persona umana basandosi su una salda antropologia. Come esseri umani possiamo elevarci al di sopra delle percezioni e delle emozioni corporali, perché non siamo solo esseri corporei e la nostra facoltà razionale non è un organo materiale. Ma ci chiediamo ancora: giunto all’età di 51anni a destrutturare una concezione resa sacrale, già dalla sua infanzia o gioventù, da una formazione che l’obbligava e l’obbliga ancora a vivere una vita, mi si permetta di definirla, desessualizzata? Credo proprio di no, oppure penso che tale operazione sia estremamente difficile. Da rammentare che l’insegnamento ecclesiastico tradizionale sul sesso, impartito nei seminari di una volta e forse anche di oggi, lungi dall’essere infallibile, era reso triste, malsano e sospettoso, un ridicolo travisamento della verità che ha turbato la vita per intere generazioni.
Tale insegnamento era così pervasivo che, anche per quanti abbiano smesso di credere, spesso occorrono anni perché l’equazione sesso-peccato appaia in tutta la sua grottesca insostenibilità e il suo rigetto non rimanga una mera acquisizione intellettuale. Lo sanno chiaramente gli ex seminaristi e i preti sposati, che hanno dovuto faticare per liberarsi (se ci sono riusciti ) dai tabù.In seminario tutto, infatti, concorreva a reprimere l’istinto sessuale e non si pensava che la repressione della sessualità, quando è priva di sublimazione e la sublimazione è un’operazione non sempre facile, crea disagio sociale ed emotivo in chi è costretto a subirla. Ormai è accertato, infatti, che l’avversione sessuale esprime sempre marcate difficoltà emotive verso il sesso in condizioni psicologiche e psicopatologiche che coinvolgono estrema ansietà, sentimenti di terrore, attacchi di panico e manifestazioni somatiche. Si sappia che l’esempio che, nel seminario del tempo di quel prete, i confessori e i padri spirituali invitavano a seguire, era quello di S. Luigi Gonzaga, al quale spesso è associato nell’iconografia un giglio che simboleggia la purezza, l’innocenza ed il candore. In una lezione del Breviario della festa di questo santo leggiamo: “lo si può ben chiamarlo un uomo senza il peso della carne, simile ad un angelo che abbia preso un corpo”. Di lui inoltre, si leggeva nella sua biografia: “Luigi Gonzaga, figlio di nobili marchesi, ha custodito la sua purezza di ragazzo, di figlio di Dio rimasto nella sua innocenza battesimale. Con la ragione si accrebbe in lui anche la santità. A dieci anni, davanti all’altare della Santa Vergine egli fece voto di una perpetua verginità. Circondò la sua anima d’una tale vigilanza che seppe reprimere così radicalmente ogni tentazione dell’anima che non permise neanche alla prima cattiva impressione di potersi formare in essa. Esercitò in particolare intorno al senso della vista, particolarmente pericoloso per la purezza, una tale mortificazione, che non guardò mai il volto della regina di Spagna, Maria d’Austria, di cui fu per molti anni uno dei paggi……Per salvaguardare il suo voto, diventò molto austero e si sottopose a severe penitenze e mortificazioni. Quando non espletava le sue mansioni a corte, pregava e conversava con Dio. Era tanto grande il dolore che provava durante le sue preghiere, da inondare di molte lacrime il posto dove s’inginocchiava. Oltre a cibarsi poco, sottopose il suo corpo a numerose mortificazioni. Si flagellava così severamente che le lacrime erano miste al sangue scorso dalle ferite profonde”. In varie biografie si legge ancora che “San Luigi Gonzaga sfuggiva le donne e non le guardava mai in faccia perché gli suscitavano idee contrarie alla verginità, ma godeva nel torturarsi, nel domare le concupiscenze carnali, col dormire a terra e con le speronate”.
Inoltre si legge: “non guardava il suo pene, mentre orinava”. Morì, giovanissimo, a 23 anni. Leggendo di S. Luigi Gonzaga, come di altri che sottoponevano il corpo a violenti mortificazioni per “domare le concupiscenze carnali”, osiamo chiederci: “Quanto si racconta di Luigi Gonzaga e di altri santi può far pensare a serie “patologie d’ordine sessuale?”. Se è così, la loro psicopatia può essere considerata congenita oppure spiegabile dal dramma che masochisticamente essi vivevano, originato da una perenne astinenza, corredata da continue sevizie sul proprio corpo per castigarlo, in quanto ritenuto fonte di concupiscenza. E’ certo che l’astinenza dal sesso, vissuta masochisticamente – nessuno lo può negare – può provocare danni fisici e cerebrali che in alcuni casi possono sfociare in manifestazioni di delirio e di schizofrenia, che i biografi dei santi possono trasformare in “estasi” o anche in “crisi mistiche” e talvolta addirittura possono anche far gridare al miracolo. Anche la parte cattolica comincia a convincersi di questa realtà. Tutto quello che fino ad ora abbiamo scritto sull’educazione sessuale nei seminari è, quindi, profondamente inciso nel subconscio di quel prete e, con enorme tristezza, dobbiamo dire che niente e nessuno può cancellarlo. Di tutto ciò quel prete che ha tentato il suicidio, aiutato da amici, sta per rendersi conto, affidandosi non più ad uno psicologo ma ad uno psicanalista che lavora assieme ad uno psichiatra. Speriamo che ce la faccia.