di Arianna Tascone
Quando ero bambina durante le feste di paese adoravo passeggiare tra le bancarelle. La mia attenzione veniva richiamata da giocattoli, dolciumi, colori e suoni. Mi avvicinavo allora a mia madre e le chiedevo di comprarmi qualcosa, un palloncino, un pupazzo, qualche caramella. Lei tirava avanti e diceva di aspettare e così altra bancarella, altra richiesta. Finiva la passeggiata e io rimanevo a mani vuote. A distanza di anni riconosco il valore positivo della sua mancata accondiscendenza, ma ricordo la frustrazione infantile difronte a quei desideri inesauditi. La stessa sensazione l’ho provata a fine anno quando, tirando le somme delle attività parlamentari, ancora una volta il tema dei diritti civili è stato rimandato. Altro anno, altra bancarella. Ripenso ancora a mia madre, alle bancarelle e a come, crescendo, le mie richieste si siano focalizzate su reali necessità, trovando finalmente soddisfazione di quest’ultime. Ora capisco la differenza tra i desideri passeggeri di una bambina e gli effettivi bisogni di un’adulta.
C’è nell’agenda di gennaio la discussione sulle coppie di fatto e si preannunciano battaglie aspre in Parlamento. In un Governo dall’equilibrio precario e con una forte componente cattolica, nessuno è pronto a prendersi tale responsabilità. Quando persino il Papa si astiene dal giudicare una persona omosessuale, i politici nostrani non perdono occasione per rivendicare l’antico ‘Facciano quel che vogliono a casa loro e lascino stare i bambini’. Oppure il più soft ‘Ci sono problemi maggiori da risolvere’. Ovvero? La crisi economica? Irlanda e Grecia lo scorso anno hanno regolamentato le unioni civili e non mi risulta che la crisi economica li abbia risparmiati, anzi.
In Italia non esiste neanche l’aggravante d’omofobia in caso di aggressione o discriminazione.
La verità è che da anni la doppia morale italiana si concretizza su questo argomento, come se riguardasse sempre qualcun altro e non le vite di ognuno di noi.
Chiedere che i diritti delle coppie omosessuali siano gli stessi di quelle eterosessuali, non è un desiderio passeggero di bambini capricciosi, ma un diritto imprescindibile in uno stato democratico. È un diritto pensare al futuro, progettare la propria vita sapendo di poter condividerla con un partner non solo sentimentalmente, ma anche e soprattutto nella praticità del quotidiano, nelle tasse, nelle scelte e nelle difficoltà. Rispondere anche a tutti i doveri che un impegno di coppia richiede.
Cosa c’è di così spaventoso in questo? Come può questo intaccare la ‘famiglia tradizionale’? Le famiglie si rovinano quando le incomprensioni e i segreti prendono il posto del confronto e del dialogo. Continuare a credere che sia sempre un problema altrui, che non ci riguardi, che sia sempre il figlio, il fratello, la sorella di qualcun altro, non cambierà la realtà. Una realtà fatta di tante sfumature di pelle, religione, idee e anche di sessualità.
Se i politici guardassero a essa prima di votare, potremmo chiudere il 2016 almeno con una promessa mantenuta.