di ANDREA FILLORAMO
Come ho già precedentemente scritto, a partire dall’agosto 2014, da quando, cioè, insensatamente, l’arcivescovo La Piana, per dar posto al suo Vicario generale dimissionario, ha licenziato il sessantenne arciprete di Taormina, accusandolo ingiustamente di “rapporti non leciti” con una ragazza del luogo, un numero sempre crescente di preti dell’arcidiocesi di Messina fino a raggiungere recentemente il numero di 42, in un clima inaccettabile di omertà e, quindi, molto spesso in modo anonimo (e questo la dice lunga sul clima respirato allora dal clero) ha invaso con reiterati email la mia casella di posta elettronica e il mio cellulare di messaggi, con cui, sapendo del mio impegno a scrivere in IMGPress sulla diocesi peloritana, dove già erano precedentemente apparsi altri interventi, mi sollecitavano a scrivere sul loro disagio dovuto, a loro dire, a negligenze, mancanza di sensibilità, a modi di essere dell’arcivescovo pro tempore: Mons. Calogero La Piana. Da evidenziare che del disagio esistenziale dei sacerdoti da molti anni io mi interesso e, quindi, conosco, anche per la mia vita precedente, il meccanismo che talvolta può condurre anche all’abbandono “de facto” dell’impegno ministeriale. Solo il dialogo con il vescovo e un chiaro rapporto filiale – pensavo e penso ancora – possono salvare il prete dalla solitudine dell’animo e dalla desertificazione dello spirito. Più volte ho cercato, senza riuscirci, di invitare ad accostarsi al vescovo, di cercare loro stessi quel rapporto che l’arcivescovo – dicevano – si rifiutava di avere o rimandava sine die non rispondendo neppure alle loro missive. Ma niente da fare. Le difficoltà di quei preti venivano confermate da un gruppo di preti miei amici fin dall’infanzia che, nei non rari incontri con me a Messina, non solo confermavano quanto c’era scritto nelle email e nei messaggi, ma raccontavano fatti ed episodi anche gravi, che, filtrati dalle esagerazioni, dalle dicerie e dagli immancabili pettegolezzi, venivano certificati da “documenti” che non lasciano spazio alla fantasia e alle calunnie. Se si leggono a posteriori i miei articoli dove, con la dovuta prudenza, ad essi facevo cenno, si trovano tutti gli elementi che dovevano indurre il vescovo emerito ad assumere il senso di responsabilità che obbliga ad essere chiari e trasparenti su quelle carte sicuramente esistenti e che parlavano chiaro. Ciò è durato fino alle sue dimissioni, dovute – egli dice – a motivi di salute. Cosa succede adesso? Nella diocesi di Messina governa come Amministratore Apostolico Mons. Raspanti, che senza sua colpa, si deve “caricare” di fatti che non gli appartengono e, quindi, probabilmente non sa come procedere, non sa che “pesci prendere”. Teniamo conto che, se non conosce i fatti egli è obbligato ad agire nel buio. Se, invece, li conosce, li conosce solo in parte, ascoltando le “voci narranti” e “devianti” dei collaboratori di La Piana, fatti diventare suoi collaboratori. E se qualcuno gli dà “brevi manu” per esempio il documento stilato dal dott. Bertolami che riguarda Mons. La Piana alcuni giorni prima di morire? Si racconta che questo è avvenuto veramente. Dopo averlo letto Raspanti – si dice- è impallidito e ha pregato di non diffonderlo. Che succede ancora adesso? Anche se si ritiene opportuno chiudere definitivamente con la “faccenda La Piana”, senza però demordere sui fatti economici e su altri fatti legati al denaro di cui tanto si parla e, quindi, come già detto, “silentiumfacere”, mi è pervenuta, forse con la speranza o la certezza di una sua pubblicazione, data un’eventuale conversione tardiva alla trasparenza e nel recupero del principio di libertà di parola e di stampa che era inesistente nell’era La Piana, una email che, preceduta dal mio commento nell’articolo a mio nome: “Per amore di Sion non mi terrò in silenzio” è ancora rintracciabile in IMG Press del 19/10/2016. Si prega di rileggerla.