Raddoppia il numero di chi ritiene stabile la situazione economica dell’Italia nel corso dell’anno appena passato (dal 14,6% di inizio 2015 al 30,3% del 2016), si dimezza il valore di chi indica un netto (dal 58,4% al 23,3%) peggioramento. Aumentano gli ottimisti che indicano un lieve (dall’1,5% al 16,2%) o un netto miglioramento (dall’0,0% all’1,1%).
In sintesi, si evidenzia una ripresa della fiducia generale e il lento abbandono del clima di forte pessimismo che ha caratterizzato gli ultimi anni. Il 2016 sembra riproporre lo stesso andamento registrato, appena prima dell’inizio della crisi, nel 2007, anno in cui il giudizio dei cittadini si mitigava particolarmente all’interno del periodo 2004-2007 e indicava nel complesso una visione stabile dell’economia.
Previsioni per il futuro dell’economia: meno pessimismo (-28,4%), più fiducia (+10,1%)
Il 47,3% degli italiani (+13,4% rispetto al 2015) indica per il 2016 una sostanziale stabilità economica del Paese. Il 14,7% (+10,1% rispetto al 2015) è convinto che la situazione migliorerà nel corso di quest’anno. In parallelo si dimezza la quota di quanti prevedono un futuro peggioramento (dal 55,7% al 27,3%; -28,4%).
La situazione economica delle famiglie: si inizia a respirare
In controtendenza rispetto alla rilevazione del 2015 ad indicare un forte o lieve peggioramento della propria situazione economica è il 40,7% (-36%); il 12,3% (+9,4%) ha constatato un aumento delle proprie risorse, mentre sale dal 18,5% del 2015 al 43,8% del 2016 il numero di chi indica una situazione di stabilità.
La gestione della quotidianità diventa meno critica
La difficoltà nel fare fronte alle spese e alle esigenze quotidiane mostra segni di regressione rispetto alla rilevazione del 2015. Il 27,3% non riesce con le proprie entrate ad arrivare alla fine del mese (-19,9% rispetto al 2015). Il 44,5% (-18,3% rispetto al 2015) riferisce che la propria famiglia è costretta a utilizzare i risparmi per arrivare a fine mese. In parallelo, aumenta la quota di chi riesce a risparmiare qualcosa (dal 14,8% al 25,8%; +11%) e diminuisce quella di chi ha difficoltà a pagare le spese dei trasporti (dal 34,4% al 25,7%). Oltre un italiano su tre, il 34,3% (-6,6% rispetto al 2015) fa fatica ad affrontare le spese mediche. Tra quanti hanno attivato un mutuo, il 37,3% non riesce a saldare le rate e il 40% di chi è in affitto è in difficoltà con il canone.
La ripresa del potere di acquisto
Con una diminuzione di 18,4 punti rispetto al dato (71,5%) rilevato ad inizio 2015 la perdita del proprio potere d’acquisto rimane comunque una realtà ad inizio 2016 per più della metà dei cittadini, il 53,1% (un forte calo indicato nel 13,4% dei casi, meno marcato invece nel 39,7%). Nel 2015 ad indicare “poco” o “per niente” diminuita la capacità a far fronte a spese e acquisti per mezzo delle proprie entrate erano solo il 28,5% mentre nel 2016 il dato volge in positivo (46,8%).
Ripartono i consumi, anche quelli superflui
Le risorse destinate ai regali vengono tagliate nel 75,3% dei casi (-6,8% rispetto al 2015). Si riduce il numero di chi: risparmia sui pasti fuori casa (66,2%; -14,6%); si rivolge a punti più economici come grandi magazzini, mercatini, outlet (76%; -8,5%) o discount (63,2%; -7,7%); cambia marca di un prodotto alimentare se più conveniente (68%; – 13,7%); risparmia su viaggi e vacanze (67%; -7,7%), estetista/parrucchiere (65,9%; -14,8%) o articoli tecnologici (69,4%; -10,7%); usa di più i mezzi pubblici per risparmiare sulla benzina (39,4%; -2,2%) o si rivolge al mercato dell’usato (29,3%; -14,9%). È diminuita anche la quota di chi avendo animali domestici ha risparmiato sulle spese a loro dedicate (25,9%; -23,6%); in calo i tagli sulle spese per la baby sitter (48,2%; – 5,3%), quelli per aiuto nelle pulizie/domestici (37,2%; -23,6%); mentre il 37,8% ha ridotto le spese relative alla badante. Ad aumentare invece è il taglio delle spese mediche che nel 2016 raggiunge quota 34,2%, contro il 32,3% del 2015.
Benvenuti nella sharing economy
In un’ottica di riduzione dei costi, nell’ultimo anno l’11,1% ha utilizzato servizi di car sharing. Ancora basso (8,1%) il numero di chi ha utilizzato servizi di bike sharing o ha fatto ricorso (10,4%) al ride sharing (ad esempio tramite Blablacar). Alcuni hanno sperimentato l’home sharing (4,6%) scambiando casa o ospitalità. Il 13% ha condiviso libri (bookcrossing) e il 5,1% ha condiviso un ufficio o un ambiente di lavoro con altre persone mantenendo attività separate (coworking).
Lieve ripresa dei pagamenti a rate
Negli ultimi dodici mesi ha fatto ricorso a pagamenti rateizzati nel tempo per fare acquisti il 37,6% del campione (32,4% nel 2015). Probabilmente, una parte degli italiani sta lentamente ritrovando la possibilità, e il coraggio, di acquistare ed il pagamento rateizzato rappresenta un supporto utile a molti in questa fase.
I prestiti bancari richiesti soprattutto per comprare casa (42,6%) e pagare debiti (36,3%)
Molti tra chi ha chiesto un prestito bancario negli ultimi tre anni (32,5%) lo ha ottenuto (24,9%, contro il 7,6%) e lo hanno utilizzato per l’acquisto della casa (42,6%), per pagare debiti accumulati (36,3%), per saldare i prestiti contratti con altre banche/finanziarie (29,7%), per affrontare le spese per cerimonie (18,4%) e cure mediche (19,8%).
Un Paese, tre Pil
I dati più recenti mostrano che in Italia il fenomeno del sommerso è estremamente diffuso, tanto da essere spesso definito “di massa”, confermando una stima che l’Eurispes produsse negli anni scorsi secondo la quale l’Italia ha tre Pil: uno ufficiale di circa 1.500 mld di euro; uno sommerso equivalente a circa un terzo di quello ufficiale, ovvero almeno 540 mld; e uno criminale ben superiore a 200 mld. Ai circa 540 mld di sommerso indicati corrisponderebbe, considerando una tassazione di circa il 50%, la somma di 270 mld di evasione. D’altra parte, una buona fetta è considerato “sommerso da sopravvivenza” nel quale parti importanti della società hanno teso a rifugiarsi a causa della crisi economica.
Il ricorso al “nero” e il doppio lavoro
Nell’indagine dell’Eurispes di quest’anno è stato chiesto di indicare, secondo la propria esperienza personale, quali sono le categorie che più spesso lavorano senza contratto oppure senza emettere fatturazione. Le tre categorie maggiormente indicate sono: nell’80% dei casi i baby sitter, nel 78,7% gli insegnanti di ripetizioni, nel 72,5% i collaboratori domestici. A seguire badanti (67,3%), giardinieri (62,7%), muratori (60,2%), idraulici (59,8%), elettricisti (57%), falegnami (56,4%) e medici specialisti (50%).
Nell’ultimo anno invece è capitato al 28,1% del campione di lavorare senza contratto (contro il 18,6% del 2015). Una condizione incontrata da oltre il 50% di chi è in cerca di primo lavoro e di nuova occupazione, dal 29,6% degli studenti, dal 22,4% delle casalinghe e dal 13,8% dei pensionati, ma soprattutto dall’83,3% dei cassintegrati. La quota di chi invece ha svolto un doppio lavoro, nel corso dell’ultimo anno, è del 21% (19,3% ad inizio 2015). In questo caso non sempre si può parlare di lavoro in nero, ma più spesso di “doppio-lavoristi”.
Usura, rifugiarsi nel gioco e rivolgersi alla Caritas: alcuni indicatori di disagio
In aumento la percentuale di chi dichiara di avere esperienza di amici o parenti a cui è capitato di chiedere denaro in prestito ad un usuraio (16,9%, +6); ricorrere alla Caritas o ad altre associazioni per disporre di aiuto (22,9%, +2,7); perdere importanti somme di denaro al gioco (28,7%, +13,4).