SCUOLA – Disabili: ogni anno più di 20mila famiglie costrette a ricorrere al giudice. Ultimo caso in Calabria

La via per ottenere ore di sostegno agli alunni disabili continua a passare per la logica del “canestrello” di ore concesse di anno in anno dagli Uffici scolastici regionali, sulla base dei cordoni finanziari indicati dal Mef. Disattendendo sistematicamente, ad esclusione dei casi più gravi, quanto espresso dai medici, attraverso la diagnosi, e dalle équipe che redigono il profilo dinamico-funzionale, sulla base delle reali esigenze educative che poi confluiscono nel Piano educativo individualizzato. E costringendo le famiglie a reclamare il dovuto, attraverso la via giudiziaria che rimane l’unica arma per difendersi dalla costante e palese violazione del diritto allo studio di tantissimi alunni disabili.

È esemplare quanto accaduto di recente presso il Tar della Calabria che, con la sentenza del 2 febbraio 2016 e con provvedimento d’urgenza, ha accolto le tesi dell’avvocato Luigi Bloise dell’Anief, concedendo ad un alunno disabile di una scuola primaria della provincia di Cosenza, l’assegnazione del corretto monte ore di sostegno didattico nel rispetto delle determinazioni riportate nel Piano educativo individualizzato. Il Tribunale ha, pertanto, condannato il Miur “ad assicurare all’alunno il rapporto di ore necessarie per il sostegno scolastico sino all’approvazione del Piano Educativo Individualizzato”.

L’avvocato Bloise, ha dunque ottenuto giustizia e rispetto per le difficoltà dell’alunno, cui erano state negate nove ore di sostegno: la sentenza ricostruisce magistralmente la fattispecie, partendo dall’azione coerente e puntuale svolta dalla dirigenza scolastica che, “producendo apposito elenco nominativo” ha “prospettato il rapporto di ore necessarie per il sostegno scolastico dell’alunno”. La stessa sentenza, pone un principio di diritto fondamentale nella materia, cioè che l’attribuzione dell’insegnante di sostegno in deroga costituisce per l’alunno disabile, un diritto soggettivo condizionato dalla circostanza e che “esso deve essere di volta in volta commisurato alle specifiche difficoltà riscontrate nell’area di apprendimento”.

“L’intervento di sostegno – come evidenzia la sentenza – e, in particolare, il numero di ore di sostegno concretamente spettanti al portatore di disabilità vengono determinate in base alla tipologia dell’handicap, quale risulta dalla diagnosi e dal profilo dinamico-funzionale, in correlazione con le effettive esigenze educative, come definite dal Piano Educativo Individualizzato”.

Del resto, l’art. 40, comma 1, della legge 27 dicembre 1997 n. 449 contempla espressamente la possibilità di assumere insegnanti di sostegno, in deroga al rapporto docenti/alunni. Il caso riguarda un bambino che, finalmente, grazie all’iniziativa patrocinata dal giovane sindacato ha ottenuto giustizia. Il ricorso rientra nell’ambito dell’iniziativa “Sostegno: non un’ora di meno!”, avviata in autunno, promossa dall’Anief e prorogata sino alla terza decade di marzo.

Esprime grande soddisfazione Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, per l’ennesima vittoria riportata in Tribunale. “Grazie a questa nostra iniziativa – dichiara il sindacalista autonomo – riusciamo a tutelare i diritti dei più deboli che il Ministero dell’Istruzione sembra voler dimenticare. Anief risponde, quindi, dicendo ancora una volta basta

a questa prevaricazione da parte del Miur che, con l’inaccettabile e vergognosa giustificazione di anteporre le fantomatiche ‘questioni di bilancio’, viola i fondamentali diritti degli alunni più deboli”.

“La nostra battaglia – dice ancora Pacifico – ha permesso di ottenere il diritto alla piena integrazione scolastica del minore di cui il sostegno didattico è elemento fondante ed imprescindibile. L’Anief ha, quindi, messo gratuitamente a disposizione di tali allievi e delle loro famiglie, tutta l’esperienza dei propri legali sull’intero territorio nazionale, in modo che i Tribunali Amministrativi Regionali possano riconoscere d’urgenza in loro favore l’assegnazione di un docente di sostegno per l’intero orario di servizio settimanale dell’insegnate nel pieno rispetto del reale fabbisogno didattico-educativo dell’alunno”.

Tutto questo ha origine dal fatto che gli Uffici scolastici regionali vogliono rimanere trincerati su quei rigidi parametri di assegnazione di docenti e ore, entro i quali soddisfare le richieste delle commissioni mediche. È una linea, però, che i tribunali di mezza Italia continuano a bocciare. È un dato che si evince dagli stessi dati ufficiali, recentemente pubblicati dall’Istat, sulle tante richieste di integrazione di ore di sostegno: in Italia, infatti, quasi il 10 per cento delle famiglie italiane con alunni disabili è costretta a presentare ricorso al Tribunale civile o al Tar. Si tratta di un numero altissimo, superiore a 20mila casi, considerando che i disabili riconosciuti nelle scuole sono ormai quasi 240mila.

La mancanza di supporto agli alunni disabili o con limiti di apprendimento diventa doppiamente sentita, perché si continua a disattendere il contenuto dellla sentenza della Consulta n. 80/2010 che, annullando i commi 413 e 414 dell’art. 2 della Legge 244/2007, ha chiesto al Parlamento di superare il vincolo del 70% dell’organico di diritto previsto dalla Legge 128/2013, approvata quando era a capo del Miur il ministro Maria Chiara Carrozza: con il risultato che ancora oggi almento 33mila posti rimasti vacanti continuano ad essere assegnati in “deroga” e non attraverso l’organico di diritto, vanificando la continuità didattica e l’immissione in ruolo su quelle cattedre libere.