Dopo qualche settimana di pausa riprendo a scrivere, sempre consapevole di essere uno scrittore dilettante e che probabilmente i miei eventuali lettori non aspettano il mio contributo per essere informati, tanto meno formati. Ho appena finito di leggere un agile volumetto scritto molto bene dal giornalista Emilio Casalini, “Fondata sulla bellezza. Come far conoscere l’Italia a partire dalla sua vera ricchezza”, pubblicato da Sperling & Kupfer. Da quando ho letto il bellissimo testo di Giovanni Fighera, “La bellezza salverà il mondo”, edito da Ares, mi sono convinto che attraverso l’arte, la storia e la cultura potremmo forse salvare anche il nostro Paese. Anche perchè riscoprendo la bellezza del nostro patrimonio artistico, che rispecchia quasi totalmente il cristianesimo, forse potremmo arrivare a riscoprire anche la nostra identità cristiana, visto che “non possiamo non dirci cristiani”, come scriveva Benedetto Croce. Anche Casalini, giornalista di Report, parte da questa idea e cerca di convincere il lettore che in Italia, nonostante la crisi, si potrebbe vivere di turismo, sfruttando per bene il nostro grande patrimonio artistico, culturale e storico che possediamo.“Potremmo vivere della bellezza che abbiamo”, afferma Casalini, per convincerci ha studiato il problema, leggendo montagne di documenti, parlando con esperti, analizzando le criticità e proponendo delle soluzioni. Ne è nato un testo, che io ho trovato nella solita libreria dei navigli milanesi, che affronta questo mare magnum in ottica trasversale, cercando di unire non in un calderone, ma in una fascina, i vari elementi critici: dal sistema di accoglienza alla governance, dal rapporto con i cinesi ai passaggi pedonali di Roma, musei, segnaletiche stradali in giro per l’Italia, comunicazione digitale. Il testo di Casalini pone domande e tante questioni, la più importante è quella quando auspica una nuova identità, fondata sulla bellezza. Al punto che paradossalmente sogna sul passaporto italiano come “segni particolari”, una sola parola: bellezza. Ogni popolo ha la sua identità, noi no. “Gli italiani e l’Italia viaggiano su due binari paralleli: la nostra realtà sembra dissociata dalla nostra terra e dalla nostra storia”. Casalini auspica un cambio di passo, una rivoluzione, che dovrebbe coinvolgere tutti, in una visione condivisa,“in un progetto finalizzato anche alla creazione di una propria identità di popolo, un’identità di cui essere fieri e che ci renda riconoscibili nel contesto internazionale”. E’ un percorso aperto, da condividere. Lungo e complesso. Occorre forse un vero cambiamento di genere, qui auspicabile, un progetto politico e sociale, ampio, che si proietti nei decenni futuri legandosi indissolubilmente alla cultura, al turismo e ai frutti della nostra terra. Un progetto che parta dal basso, soprattutto dalla scuola, dall’educazione, dal pensiero di un’intera società, cosciente del valore di cui dispone. Perchè non potenziare le lezioni di Storia dell’Arte, o addirittura farla diventare una materia trasversale alle altre. Occorre secondo Casalini, “Una pianificazione che vada ben oltre la vita di una o due legislature, oltre l’esistenza di molti di noi”. Il giornalista sa che questo è un tema, abbastanza discusso, si è scritto e parlato molto in tanti libri, convegni, trasmissioni televisive: “potremmo vivere di questo”, Ah, se sfruttassimo quello che abbiamo!”, frasi sentite milioni di volte, ma alla fine tutto rimane come prima. Eppure sembra che il settore economico che gode più salute, che è più in crescita è quello del turismo. E’ qui dove tutti investono e guadagno, mentre noi non lo facciamo, siamo al 78° posto nel mondo. Peraltro, il settore turistico è ecocompatibile, visto che non provoca emissioni dirette di sostanze nocive nell’ambiente. “Ha un’etica sociale, perchè è fondato sulla valorizzazione di ciò che esiste e sul rispetto delle persone. E’ diffuso sul territorio, sul quale ridistribuisce i benefici in modo più ampio rispetto ai grandi gruppi aziendali”. I turisti partono, sempre più numerosi, ma per dove? Innanzitutto per la Francia, gli USA, la Cina, la Spagna e perfino in Grecia. Da noi ne arrivano 46 milioni, la metà della Francia, un dato che sarebbe nettamente inferiore se non ci fosse il Vaticano di Papa Francesco. E poi certi signori si permettono di infangare la Chiesa e i suoi ministri. Interessante il raffronto che il testo presenta tra la nostra Sicilia e le isole Canarie e Baleari, appartenenti alla Spagna, che hanno una lunghezza di coste simili. Sommando i pernottamenti le isole spagnole arrivano a 136 milioni di pernottamenti, la Sicilia alla misera cifra di 6 milioni. E qui si aprono i soliti discorsi sui servizi che mancano, i pochi voli aerei internazionali, low cost. Stiamo parlando della Sicilia che certamente non offre soltanto il mare, ma possiede un immenso patrimonio artistico e culturale, dai monumenti antichi alle feste patronali, oltre a una popolazione pari al doppio delle Canarie. Ricordiamo che la disoccupazione in Sicilia ha raggiunto il 20%, quale potrebbe essere questo dato se, invece di 6 milioni, le notti passate sull’isola dai non residenti fossero 100 milioni (ben distribuiti)? E che non c’è solo mare in Sicilia, lo ha capito pure Casalini, quando scrive che a novembre, in manica di camicia, puoi passeggiare nella Valle dei Tempi di Agrigento con in mano un delizioso cannolo. Il libro offre numerosi spunti per riflettere, interessante i casi di valorizzazione del territorio come quello di Arco in provincia di Trento, con soli 17 mila abitanti è riuscita a diventare la capitale del mondo dell’arrampicata sportiva. E poi c’è il settore dell’enogastronomico, che tira molto, “i distretti turistici che hanno investito nei percorsi enogastronomici sono stati ricompensati dalla soddisfazione dei turisti, che hanno aperto generosamente il portafoglio”. Del resto in Italia abbiamo tanti prodotti di denominazione di origine controllata, specialità di vini e diverse aziende, un patrimonio straordinario. Per migliorare il prodotto, Casalini auspica una grande catena di distribuzione nostrana che“unisca in un marchio comune allo scopo di vendere i nostri prodotti in ogni angolo del globo”.Ecco perché occorre sviluppare la nostra agricoltura, che peraltro è l’unico settore dove oggi non si licenzia ma si assume, l’unico dove l’occupazione giovanile è cresciuta del 9% in un solo trimestre. Pertanto una priorità assoluta dovrebbe essere la tutela del territorio, proprio nell’ottica turistica ed enogastronomica. Infatti,“l’inquinamento delle terre campane dove vengono prodotte le mozzarelle di bufala crea un danno immenso a uno dei simboli del nostro migliore “Made in Italy”. Comunque sia non tutto è perduto, visto che ancora in certe classifiche specifiche, l’Italia mantiene nella percezione estera, una certa potenzialità, in riguardo al patrimonio culturale e storico, nonostante tutto ci siete ancora, avete un marchi speciale, Siete unici. Sfruttate questo vantaggio finchè potete. Allora che valore economico dare alla cultura? Visto che possediamo il maggior numero di siti, 49, tutelati dall’Unesco. Aprendo il tema dei musei e del grande panorama artistico italiano, è veramente significativo e commovente il racconto di Casalini sul giovane africano che scappa dal nord del Mali, per arrivare in Italia e vedere la Pietà di Michelangelo. Dominique, aveva studiato in una missione dove un prete italiano gli aveva fatto vedere tante belle opere d’arte che l’uomo ha realizzato nella storia. “Il padre ci ha mostrato le foto di un libro con delle statue e ce n’era una con Gesù morto e sua mamma che lo teneva tra le braccia. Guardandola io mi sono commosso, perché non avevo mai visto una cosa così bella. Io riuscirò ad arrivare in Italia a vedere quella statua”. Dovrebbe farci riflettere molto questo racconto.
Domenico Bonvegna
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