Nel febbraio 2015 il Tar Lazio aveva modificato il nuovo Decreto Isee (Dpcm 159/2013) accogliendo un principio di ragionevolezza ed equità sociale: gli emolumenti a sostegno delle persone con disabilità non possono esser ricomprese nei redditi ai fini ISEE *. Non si tratta, infatti, di denari che si aggiungono ai redditi prodotti dal disabile, bensì di entrate che mirano ad eliminare (o almeno si prefiggono tale scopo) le disuguaglianze economiche che la disabilità comporta allo stesso ed al suo nucleo familiare.
Sebbene immediatamente esecutive – e quindi modificative della norma – , le tre sentenze di primo grado sono rimaste lettera morta: i Caaf e gli Enti erogatori hanno letteralmente rimosso il problema facendo finta di nulla. L’INPS, dal canto suo, non ha provveduto a modificare i software con cui si elaborano e si incrociano i dati componenti dell’Isee, fatto che ha permesso di perseverare per tutto l’anno scorso, nell’illegalità. In diversi sul nostro wen, ci hanno raccontato da ogni angolo d’Italia, il muro di gomma delle amministrazioni in merito all’applicazione dell’Isee riformulato dal Tar Lazio. Di ieri la notizia che il Consiglio di Stato – con le sentenze n.838, 841 e 842/2016 ha confermato, sul punto, le tre sentenze del Tar Lazio: “Deve il Collegio condividere l’affermazione degli appellanti incidentali quando dicono che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – e i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non un sostegno al disabile, ma una ‘remunerazione’ del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l’art. 3 della Costituzione”.
E adesso? Come affrontare le legittime rivendiche di coloro che si sono visti negare un beneficio per l’illegittima inclusione delle indennità relative alla disabilità fra i redditi? Come gestire il caos del ricalcolo degli Isee scaduti e le conseguenze in punto di erogazione dei servizi e di compartecipazione dell’utenza ai costi?
Se fino ad ora le amministrazioni, confidando in un sovvertimento delle pronunce di primo grado, hanno fatto orecchie da mercante, e se fino ad ora i richiedenti non si azzardavano a far nulla di più che qualche diffida, da domani il caso è destinato a scoppiare.
Come difendersi
– Chi è stato leso da un ingiusto calcolo Isee ne potrà chiedere il ricalcolo (relativo all’anno 2015 o a quello presentato per il 2016) ed in base a ciò, intimare le dovute conseguenze economiche; non ultime le esclusioni dai servizi perche’ l’Isee, con l’aggiunta del’indennita’, faceva superare i limiti di reddito (1).
– Chi, invece, si appresta a depositare l’Isee per l’anno in corso, potrà pretendere l’immediata attuazione delle sentenze del Consiglio di Stato, nel caso con una diffida.
Il Governo, dal canto suo, non avendo provveduto nel 2015 ad attuare le pronunce di primo grado, dovrà agire subito mettendo mano al DPCM come riformulato dalla giustizia amministrativa, per evitare che l’intero sistema delle prestazioni agevolate perduri, come già da un anno anno, nella illegalità, alimentando ancor di più le già maturate pretese di giustizia dei cittadini.
Claudia Moretti, legale Aduc