Il legalismo raffinato che viola la legge

Ormai dovrebbe essere chiaro che le isole felici non ci sono mai state. Italia, Sicilia, Messina. Luoghi comuni. Come quello che voleva Messina un posto tranquillissimo. E invece era pieno di veleni. Per quanto ci riguarda è una storia vecchia di decenni: solo che c’è voluto molto tempo per passare dal rigetto della sola idea che ci fosse mafia alla consapevolezza che bisognava reagire. Oggi in piazza ma senza logica. Ci sono dei morti di serie A e altri che è meglio dimenticare. Per esempio il professore Matteo Bottari. C’è qualcosa in particolare che la colpisce di questo silenzio? Anzitutto, è ovvio, l’estrema violenza nel non volerne capire i motivi. Perché alle Istituzioni non interessa scoprire e processare gli assassini del professore Bottari? Certo non possiamo dimenticare che l’esistenza di molti pentiti ha consentito alla magistratura di fare molti arresti. E questo ha portato a squilibri, chiamiamoli così anche all’interno dei Palazzi. I gruppi criminali si sono frantumati. Quelli toccati meno dalle inchieste e dagli arresti, quelli che in un determinato momento si ritengono più forti, passano all’attacco e tentano di eliminare quei gruppi concorrenti che in altri momenti avevano avuto la supremazia. La mafia si lancia sui grossi appalti, vuole condizionare i piani regolatori, ritiene opportuno sfruttare e condizionare non singoli affari ma interi sistemi economici. Nel caso di Matteo Bottari siamo al delitto dimostrativo? Se devo parlare della vicenda devo partire da Messina e ricordare che in questa città Cosa Nostra aveva una sua presenza, degli addentellati, per favorire i traffici con i calabresi. Ma era una presenza tenuta volutamente bassa, per non attirare inutilmente l’attenzione. Però, gestire la vita universitaria, il Policlinico crea interessi economici meno rilevanti: non è vero signor Procuratore? La mafia lascia vivere una certa società che non disturba troppo l’ordine pubblico, che non provoca attenzioni troppo forti da parte del potere legale. La mafia non monopolizza tutto, lascia vivere o quella società che le è utile per garantirsi le coperture istituzionali. Ecco perché a Messina non ha vinto solo la mafia di Corleone, la mafia che uccide, ha vinto soprattutto la “mafia” della società parassita, l’antistato che vive dello Stato. Il legalismo raffinato che viola la legge, la inafferrabile mafia bianca, avvolta nella diversità messinese del così fan tutti, basta che si magna.