Alzheimer e rette di ricovero. Cure sanitarie e costi a carico Asl. Tribunali di Verona e di Brescia

Dopo la già nota sentenza della Cassazione n. 4558 del 22.3.2012 *, questa volta è il Tribunale Ordinario di Verona a ritornare sull’argomento Alzheimer e costi delle rette, con una sentenza del 21 marzo 2016 ** con cui si affronta il delicato problema della duplice natura socio-sanitaria delle prestazioni rese ad anziani e ai disabili. A chi spetta pagare i costi di ricovero dei malati affetti da patologie mentali croniche e degenerative? La sentenza ripercorre in modo esaustivo e chiaro le norme di legge e le interpretazioni consolidate della giurisprudenza, ri-affermando che il soggetto gravemente affetto da morbo di Alzheimer, ricoverato in istituto di cura, riceve cure prevalentemente sanitarie, che come tali, a prescindere dall’età del paziente ricoverato e a prescindere dalle (im)possibilità riabilitative, dovranno esser interamente a carico del Sistema Sanitario Nazionale.
In sintesi:
1. l’art. 3-septies d.lgs 502/1992 effettua una distinzione fra le prestazioni socio-sanitarie:
– a) le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale
– b) le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria
– c) le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria 2. Il D.P.C.M. San Valentino (14.2.2001) ha ulteriormente specificato che le prime (sub a) sono di competenza e a carico delle aziende sanitarie locali; le seconde (sub b) sono di competenza ed a carico dei comuni con la compartecipazione alla spesa dell’utenza, le terze (sub c) sono erogate ed a carico del Fondo Sanitario nazionale.
3. Le prestazioni rese ai soggetti affetti da patologia di Alzheimer, in grave stato di avanzamento, rientrano in questa terza categoria, caratterizzate, ai sensi del comma 4 dell’articolo su citato, “da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria ed attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative”. Non può, infatti, porsi in dubbio che, le cure prestate ad un malato di Alzheimer in stadio avanzato, comportino la preminenza dei fattori produttivi sanitari rispetto a quelli meramente assistenziali, poiché “la mancanza di un continuo e assiduo monitoraggio sanitario avrebbe messo in gioco le condizioni di vita e di sopravvivenza della paziente.”
4. Conseguentemente, nulla è dovuto dall’utenza o dal Comune, in quanto non può dirsi sussistente alcuna componente sociale della retta, esclusivamente santitaria. Ciò comporta, altresì la nullità di qualsivoglia “patto” siglato tra l’utente o i suoi parenti e le Strutture di ricovero, volti a corrispondere alla struttura parte o l’intera quota sociale. A tal proposito si legge: “Come ha affermato anche la Corte di Cassazione, una volta accertata, per i motivi di cui si è detto, l’insussistenza del rapporto obbligatorio, l’accordo eventualmente firmato dall’assistito o dai suoi congiunti non può che esser considerato nullo per difetto di causa, posto che sarebbe riscontrabile una totale assenza di una reale funzione economica del negozio, vale a dire un difetto genetico della causa intesa come ragione giustificativa, in concreto, del contratto, stante la evidente irrealizzabilità dell’assunzione dell’obbligazione altrui, per le considerazioni esposte, assolutamente insussistenze” (Cass. n. 4558/2012 cit.) Anche il Tribunale ordinario di Brescia ***, con ordinanza dello scorso 27 gennaio 2016, il Tribunale di Milano (sent. n. 7020 del 5 giugno 2015 e 9017 del 23 luglio 2015) ed il Tribunale di Treviso del 17 marzo 2015, avevano espresso gli stessi principi, che possiamo ormai ritenere consolidati.

Claudia Moretti, legale Aduc