MISTERI DELLA FEDE

di ANDREA FILLORAMO

Mons. Antonino Raspanti, Amministratore Apostolico dell’arcidiocesi di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela, dopo sei mesi dalla sua nomina, improvvisamente, si dimette. I motivi? Essi, diversi da quelli che hanno obbligato il vescovo emerito Mons. La Piana alle dimissioni, sono: la non facile e stancante gestione in contemporanea di due diocesi, la difficile situazione e non solo quella economica, creata ai tempi di La Piana, la difficoltà o forse l’impossibilità di tenere sotto controllo gli “scagnozzi” del vescovo emerito, che come “deus ex machina” attraverso loro, condizionava il suo agire. Papa Francesco, che non è riuscito fino a ora a trovare un vescovo disponibile ad assumersi la grave responsabilità di una sede difficilissima, alla quale, però, non può mancare ancora per molto tempo un arcivescovo, e con un clero disorientato, frammentato e “in ansia”, nomina per la diocesi ancora sede vacante, un nuovo Amministratore Apostolico nella persona dell’arcivescovo emerito di Taranto. Al clero messinese, ancora senza Pastore non resta che ringraziare Raspanti per essere stato per sei mesi un punto di riferimento e di aver assicurato ai fedeli l’indispensabile servizio pastorale. Rimangono, però, delle domande su come – fatta salva sempre la sua buona fede – il vescovo di Acireale ha agito trovandosi ad affrontare diversi problemi della diocesi messinese, lasciati dal vescovo emerito. Il primo problema è il presunto “crac finanziario della curia”, dove alcuni hanno detto e scritto che l’arcivescovo La Piana ha lasciato un “buco” di sei milioni di euro. Ci poniamo la domanda: “la notizia del buco è vera o è falsa o almeno è verosimile?”.Nessuno fino ad oggi riesce a saperlo, dato che nessun bilancio della Curia è stato pubblicizzato. A tal proposito, però, sappiamo che Raspanti, accettando l’incarico di Amministratore Apostolico, in una conferenza Stampa, fatta all’inizio dello svolgimento del suo incarico, ha preso le difese dell’arcivescovo emerito, e senza controllare le “carte “, ha affermato quanto segue:
“Sì, ho sentito di queste voci. A me non risultano né ammanchi né buchi…Certo, alcune entrate sono venute meno come del resto in tutte le case. Altre spese sono sopravvenute nel caso di appalti per ristrutturazioni o costruzioni di nuove Chiese a causa di varianti o imprevisti. Serve un piano di ristrutturazione, un piano di risparmio e chiederò a tutti di tirare un po’ la cinghia. Farò come Renzi, una spending review”. A distanza di tempo, la spendingreview il vescovo l’ha fatta, come promesso, ma come?
La risposta alla domanda sulle modalità del piano di risparmio mi è pervenuta proprio l’altro ieri. Essa è contenuta in una email inviatami da un prete, mio amico, che riporto integralmente:
“Carissimo Andrea, grazie per i tuoi continui interventi in favore della nostra chiesa locale. Fra le notizie provenienti dal palazzo della nostra arcidiocesi ce n’è una, che se fosse vera, mi lascia alquanto perplesso, quella, cioè, che l’Amministratore Apostolico, per ripianare il debito della diocesi, ha pensato di chiedere ancora aiuto alle parrocchie che annualmente ‘godono’ del supporto dell’otto per mille per far fronte ai mutui contratti in occasione di restauri e costruzione di nuove chiese…Mutui a suo tempo autorizzati dall’ordinario diocesano e per i quali sono state impegnate delle somme per soddisfare la finalità descritta in un atto ufficiale.Già nello scorso dicembre, tutte le parrocchie impelagate in questa situazione si sono viste recapitare un decreto dello stesso Amministratore Apostolico nel quale si diceva che sulla rata che avrebbe dovuto pagare la diocesi (con il gettito dell’otto per mille) i reverendi parroci dovevano integrare il 15%. E’ certo che la richiesta del 30% alle parrocchie sarebbe un "furto". Non si possono, infatti, dirottare delle cifre, frutto di offerte donate con una chiara finalità, per ripianare i debiti della diocesi. A lungo andare i fedeli, davanti a questi giochi di prestigio, potranno cambiare idea e non destinare più le offerte alla Chiesa cattolica. Capisco che in certi momenti bisogna stringere la cinghia, ma non mi sembra il massimo della decenza amministrativa "togliersi i denti con il dolore di bocca altrui". Un caro abbraccio.Uno dei 43 preti che ti stimano.”
Andiamo al secondo problema, che non toccava neppure lontanamente il vescovo di Acireale ma solo ed esclusivamente il vescovo emerito, che ha determinato – diciamolo pure – il suo allontanamento dalla diocesi peloritana.
Si tratta di quello che giornalisticamente è stato chiamato il Giallo dell’eredità, ma che di giallo non ha proprio nulla. Si tratta di una “bella amicizia” fra un medico, il dott. Bertolami e l’Arcivescovo La Piana, che si conclude con un lascito di una ricca eredità e con una lettera del Bertolami, scritta alcuni giorni prima della morte, quando, essendo quasi al cospetto di Dio, chiunque si pentedi quel che erroneamente ha fatto o scritto. So con certezza che tutto è stato trasmesso a papa Francesco da un prete molto vicino a Bertolami.
Raspanti, probabilmente allora all’oscuro di quanto allora conosciuto da pochi, prendeva, imprudentemente, anche in questo caso le difese di La Piana, affermava:
“Anche di questo ho parlato con l’arcivescovo che mi ha detto di non aver mai fatto neanche un gesto per accettare l’eredità ma di voler esprimere la volontà di lasciare alla diocesi i beni. Se non lo ha ancora fatto con atto pubblico non ho dubbi che lo farà quanto prima perché mi ha precisato proprio questo, di non aver accettato alcunché e di non voler nulla, ma di voler lasciare ogni bene a Messina. Tra l’altro si parla di 6 milioni di euro ma la cifra da quel che ho compreso è di gran lunga inferiore ed in ogni caso lui non vorrà nulla. Penso che lo chiarirà ufficialmente entro dicembre o pochi mesi”.
Dicembre è passato da tanto.
L’altra vicenda finita nel calderone è la transazione per la Casa del clero a Collereale, sede scelta sin dai tempi di monsignor Paino per i sacerdoti “in pensione”. Cosi dice Raspanti:
“Mi è parso di capire che La Piana ha concluso una vicenda iniziata molti anni fa e chiusa anche con il rispetto delle regole, delle autorizzazioni e nell’interesse della Diocesi stessa. E’ un problema che ha ereditato e risolto”. Non è assolutamente vero. Che la nomina del nuovo Amministratore apostolico dia la possibilità alla Chiesa Messinese, di vedere finalmente trionfare la giustizia sull’ignavia, sulla bugia elevata a sistema e sulle debolezze umane.