Habemus Papam

di ANDREA FILLORAMO

Da sette mesi l’arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela è ancora “sede vacante”. Dalle dimissioni di Calogero La Piana ci sono stati due Amministratori Apostolici. L’ultimo, Mons. Benigno Luigi Papa “prenderà possesso” il 22 aprile e si prevede che la sua reggenza dovrà durare a lungo.
Ci chiediamo: Perché questa lungaggine nella scelta di un arcivescovo di una sede importante, come quella di Messina, che giustamente invoca un pastore, quando altrove la nomina del vescovo è avvenuta anche in contemporanea alle dimissioni del predecessore? Quali sono gli scogli, quindi, che vietano o rimandano sine die la scelta?
Tutti dicono di saperlo ma nessuno o pochi lo sanno.
Mons. Raspanti, Amministratore Apostolico, nella Conferenza stampa, in cui ha dato comunicazione dell’«abbandono» del suo servizio all’Arcidiocesi, faceva comprendere che i motivi siano da rintracciare all’interno degli organi predisposti alla scelta, dove qualcosa ad un certo punto si inceppa o si è inceppato. Ma non dice in che cosa essa consista.
Cerco, quindi, di analizzare, punto per punto, con l’aiuto di qualcuno che di certe cose “se ne intende”, l’iter procedurale che la Santa Sede segue nella scelta dei vescovi.
Partiamo da un concetto: la decisione ultima nella scelta dei vescovi è sempre del Papa, ma un ruolo importante di filtro lo svolge il Nunzio Apostolico d’Italia, che utilizza una procedura standard che ha lo scopo di dare un’idea di massima su chi potrebbe essere il nome più adatto. Egli inizia le consultazioni via posta,chiedendo a più persone di esprimere tre preferenze (ma è possibile anche arrivare a quattro o fermarsi a un solo nome) per coprire una diocesi “sede vacante“.
Le richieste di consultazioni sono dirette a tutti i vescovi della regione, al presidente della Conferenza episcopale nazionale e regionale e al vescovo emerito, se c’è, che in quella diocesi è stato titolare .
In alto a destra la lettera del Nunzio reca una scritta importante: “Sotto segreto pontificio” che significa che i pareri espressi sono vincolati dal segreto. Regola ferrea in passato mai tradita, da qualche anno il segreto, però, viene spesso non rispettato. Le persone consultate lo sanno e, dunque, si adeguano: si limitano a poche parole di encomio verso coloro che ritengono idonei senza abbandonarsi a evidenziare, in questo o in quel candidato, eventuali elementi controversi.
Una volta che tutte le risposte sono arrivate al Nunzio, questi redige uno “ status quaestionis”, ovvero un documento in cui descrive la diocesi, le sue necessità e le criticità. E, insieme, allega un pamphlet coi risultati della consultazione e con copia risposte date da tutti, da inviare alla Congregazione dei vescovi.
Alla Congregazione dei vescovi, però, non giungono soltanto le relazioni del Nunzio, ma anche quelle della seconda sezione della Segreteria di Stato. In sostanza, quindi, sono due i pareri che arrivano sul tavolo del cardinale prefetto dei Vescovi: quello del Nunzio e quello del Segretario di Stato.
La Congregazione dei vescovi si riunisce in plenaria ogni giovedì. E’ qui che valuta le nomine per le singole diocesi. E’ in questa assise, alla quale partecipano circa 25 cardinali, ai quali viene data una relazione preparata appositamente dal “ponente”. Questi è una sorta di relatore scelto tra i cardinali della plenaria. Sulla relazione del “ponente” i cardinali della plenaria debbono esprimere un voto. Se concordano con le indicazioni del ponente dicono: “In voto relatoris”. Altrimenti esprimono un parare diverso.
Chiusa la plenaria il Prefetto della Congregazione dei vescovi va in udienza dal Papa, come sempre di sabato e relaziona sul risultato della plenaria. A questo punto, il Papa può decidere. istantaneamente oppure rispondere: “Le farò sapere”.
Se questo è l’iter processuale che è utilizzato per la scelta dei vescovi, mi chiedo: in quale passo si ferma il processo decisionale che dovrebbe concludersi con l’«habemus episcopum» di Messina?
Azzardo delle ipotesi, che non sono campate, però, in aria. A mio parere o è il Papa, che è ben informato della situazione della diocesi e, quindi, ritiene non adatte le persone individuate, o è la Congregazione dei vescovi che prende atto dello “status quaestionis”, ovvero del documento in cui il Nunzio ha descritto la diocesi, le sue necessità e le criticità e anch’essa ritiene che nessuno di quelli che sono venuti fuori delle consultazioni sia idoneo ad essere l’arcivescovo di Messina, oppure che nessuno precedentemente invitato ad accettare l’arcivescovado della città peloritana si è sentito di farsi carico dei problemi della diocesi, di cui altri sono i responsabili.
In ogni caso, quindi, i problemi non sono della Santa Sede ma della diocesi.
Temo, al di là delle analogie di situazioni e di persone, che meritano ogni rispetto, a Messina, dopo le dimissioni del vescovo La Piana, si stia per ripetere quanto è avvenuto a Trapani dopo la rimozione del Vescovo Miccichè, dove è stato per 17 mesi Amministratore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis della diocesi S.E. Mons. Alessandro Plotti, Arcivescovo emerito di Pisa, vescovo anziano e di esperienza.
Proprio come l’arcivescovo emerito di Taranto, che il 22 aprile prenderà possesso come Amministratore apostolico di Messina-Lipari-S. Lucia del Mela.