Gli stipendi dei lavoratori statali rischiano di rimanere immobili per altri cinque anni. Perché se è vero che nel Documento di Economia e Finanza 2016, approvato nei giorni scorsi, si prevede non solo una moderata crescita delle retribuzioni per l’anno 2016 (1,4 per cento) ed una riduzione delle medesime per gli anni 2017 e 2018 (rispettivamente -0,8 e -0,2 per cento), per poi stabilizzarsi nel 2019, è altrettanto vero che si cita a parte l’indennità di vacanza contrattuale spiegando che il suo destino sarà ancora una volta da valutare.
Nel frattempo, per il prossimo triennio, sono previsti solo aumenti annuali per gli statali pari a 17,22 euro in media: è quanto deriva dalla somma messa a disposizione dal Governo, i 155 milioni stanziati nella Legge di stabilità 2016, suddivisi per tre anni e poi per circa 3 milioni di dipendenti statali. E ci fermiamo lì, perché è ormai evidente che l’Esecutivo in carica non ha alcuna intenzione di incentivare gli stipendi. Lasciandoli, in tal modo, fermi per ben oltre un decennio, privati anche di quell’indennità di vacanza contrattuale che avrebbe almeno permesso di tenere testa al costo della vita.
“Nello stesso documento economico – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario confederale Cisal – si dà poi per scontato che gli incrementi siano uguali a quelli già registrati per il 2010/2015 di vigenza del blocco, quando in realtà dal 2008 ad oggi, se aggiornati, avrebbero dovuto prevedere aumenti del 10%. Nello specifico, scorrendo i dati tecnici, tra il 2016 e il 2019 si stima che si registreranno aumenti pari ad appena lo 0,6% rispetto al 20% che spetterebbe già a partire da quest’anno. Decisamente al ribasso risultano, anche, i dati relativi alla diminuzione dei dipendenti, che per Anief sono il doppio di quel 5% registrato tra il 2007 e il 2014. Viene confermata, infine, la diminuzione dei fondi relativi alla contrattazione integrativa e l’inasprimento del blocco del turn-over fino al 2018”.
Sempre nel DEF 2016 – sezione II, a pagina 33 – si registra l’ulteriore riduzione nell’anno 2015 della spesa per redditi per il pubblico impiego, pari a circa 1,88 miliardi: è la conseguenza dei molti interventi normativi disposti nel corso degli ultimi anni che hanno comportato sia un contenimento delle retribuzioni individuali, sia una riduzione del numero dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (-5,1% nel periodo 2007-2014). Fra le principali misure contenitive della spesa si segnalano, in particolare, il perdurare del blocco dei rinnovi contrattuali per il periodo 2010-2015, la decurtazione permanente dei fondi della contrattazione integrativa ai sensi dell’articolo 9, comma 2 bis, del decreto legge n.78/2010 e la rimodulazione delle limitazioni all’assunzione di personale con modalità diversificate in base alla tipologia di comparto interessato.
Preso atto della volontà governativa di far pagare la crisi principalmente ai lavoratori pubblici, Anief ribadisce la volontà di ricorrere per l’adeguamento dell’indennità di vacanza contrattuale. Perché rimanere inermi, subire passivamente queste manovre a perdere, trattando i lavoratori come dei sudditi, è inaccettabile. Senza dimenticare che percorrendo questa strada, si viola surrettiziamente la sentenza sul rinnovo contrattuale emessa dalla Consulta la scorsa estate.
Del resto, nella Pubblica amministrazione l’avvio del declino dei contratti deriva dall’approvazione del decreto legislativo 150 del 2009, meglio noto come riforma Brunetta, destinato nel tempo a sostituire il criterio del merito, legato agli scatti di anzianità con il criterio del merito legato alla prestazione. Cosa che è già avvenuta nella scuola con la Legge 107 del 2015 che ha introdotto la valutazione del personale ed un bonus sul merito in base a tale valutazione.
Il presidente Anief è convinto, legge vigente alla mano, "che appena si firmeranno i contratti, quei dipendenti pubblici che ancora avevano degli scatti di anzianità non potranno più usufruirne. Inoltre, ci sarà un salario minimo garantito per legge e poi un surplus a seguito di tagli sempre nel settore, che andrà a finanziare questa prestazione. Solo che il nostro sindacato non è d’accordo. Perchè l’indennità di vacanza contrattuale è prevista per legge. E dal 2008 deve essere pagata almeno al 50 per cento rispetto al costo dell’inflazione. Non può essere ancora una volta bloccata”.
Per il sindacato, i conti dello Stato non possono in nessun caso prevaricare il diritto dei lavoratori esercitati attraverso la contrattazione sindacale finalizzata al rinnovo di contratto e questo vale anche riguardo il diritto all’adeguamento dell’indennità di vacanza contrattuale al costo della vita. Il blocco decennale (2008/2018) dei valori dell’indennità di vacanza contrattuale, dunque, risulta illegittimo ed è possibile recuperare le somme non assegnate negli ultimi sei anni. Soprassedere al conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale significa non applicare la normativa vigente in materia di tutela retributiva del pubblico impiego, a partire dall’articolo 2, comma 35, della Legge n. 203/2008, dalla legge finanziaria 2009 e anche le disposizioni previste dal l Decreto Legislativo 150/2009.