Ieri 2 maggio ha preso il via, ufficialmente, la campagna elettorale per il voto al referendum che, nel prossimo autunno, ci chiamera’ ad approvare o meno la riforma della Costituzione. Quella riforma che, al di là, della propaganda del capo del governo che ad ogni occasione ci dice che se non passa lui si gioca tutto, mette mano per la prima volta alla nostra cosiddetta carta fondamentale del nostro patto civico, politico, sociale ed economico.
Il premier Matteo Renzi ha dato questo via in un teatro fiorentino, Niccolini, che, chiuso per decenni, abbandonato a se stesso nonostante la meravigliosa posizione e la sua maestosita’ a due passi dal Duomo nella via dedicata ad un pilatro del nostro Paese, Ricasoli, proprio nei mesi scorsi era stato riaperto con l’attore Paolo Poli, che dopo alcuni giorni e’ morto. A cantare le lodi di questa manifestazione i giornali locali hanno scritto di un tripudio di folla, venuta alle prime ore del mattino per trovarvi posto e non restare fuori, folla che spesso si esprimeva con boati alle roboanti e spesso divertenti battute dell’oggi premier ed ex-Sindaco della citta’ di Firenze. Fuori un crocchio di manifestanti non contenti del cosiddetto provvedimento salvabanche, manifestanti che come un cigolio segue il premier dovunque egli vada, anche sotto casa sua in un villetta nella provincia del capoluogo toscano (una location inaudita per il nostro modo civico di concepire lotta e confronto politico). Prima del teatro il premier aveva ricevuto, con signora, il proprio omologo giapponese, notato nelle cronache fiorentine piu’ che altro per le immagini col naso all’insu’ per ammirare le bellezze magnificategli dal nostro premier nella propria citta’.
Noi abbiamo fatto un salto al teatro Niccolini, a quell’ora di mattina di un giorno lavorativo come e’ stato lunedi’ 2 maggio, perche’ eravamo curiosi di capire cosa avrebbe potuto significare quel che avevamo letto nei giorni prima sulla stampa locale, dove si evocava il premer che lanciava una campagna referendaria cosi’ importante abbracciando i cittadini della sua citta’. A dispetto di quanto letto nelle cronache locali, non abbiamo visto il bagno di folla (e il teatro e’ anche piccolino), contando al massimo un centinaio di persone, essenzialmente “dignitari” e politici locali e para-nazionali che erano giustamente venuti a salutare un momento cosi’ importante alla presenza del piu’ importante leader di questo altrettanto importante referendum. Non ci siamo stupiti, anche se ci siamo divertiti alle battute, marcate da un maggiorato accento ed intercalare fiorentino di un Renzi in splendida forma, come fosse Benigni in una delle sue piu’ modeste performance. E’ cosi’, Renzi non era a Kabul o New York o Pechino, e quindi non avrebbe potuto fare e dire altrimenti. Ne abbiamo preso atto.
Beh, ora chi ci sta leggendo si aspetta che noi ci si metta a scrivere del referendum e dei suoi contenuti e, viste le premesse, a parlarne il piu’ male possibile. No, non lo facciamo. Sui contenuti avremo modo di parlarne in altre occasioni, con approfondimenti e opinioni precise, tendenzialmente favorevoli a questo primo cambio istituzionale di cui siamo contenti solo in piccola parte ma che, proprio perche’ e’ il primo passo nell’aver toccato una sorta di Talmud, ci piace anche per questo. Noi siamo tra quelli, per esempio, a cui non va proprio giu’ che la repubblica italiana sia fondata sul lavoro e non sulla liberta’, ma questo tasto non si tocca in area “ec-pci-ex-dc” come quella dell’attuale maggioranza… ma ne parliamo in altri momenti… mannaggia mi sono lasciato prendere la mano… e’ meglio che mi fermo.
Quel che ci interessa e’ il contesto, il metodo di questa prima ufficiale uscita per la promozione affermativa di questo referendum. In genere stiamo attenti a questi metodi: quelli delle folle non esistenti nella realta’ ma per i media, quelli del mondo di twitter e facebook (o social-network come nell’ammucchiata si chiamano), che a stento rappresentano se stessi, ma che vengono spacciati come esempio di “rumor” di massa, anche se sono progettati per massimizzare l’informazione, la propagazione e la viralita’, a detrimento della costruzione dell’impegno e del consenso; i social-network si preoccupano piu’ di diffusione di informazioni, ognuna in concorrenza con l’altro (tutte aziende commerciali, ricordiamocelo) per attirare l’attenzione delle persone, e non per incitare o reclutare per l’azione. E sono proprio quei social-network che quando uno qualunque di qualche importanza ci scrive qualunque cosa (come fa Renzi) diventano per i media il massimo dell’espressione della masse… quando invece sono come -per i numeri- le primarie online del partito di Beppe Grillo, con l’aggravante di una mancanza di passione e incentivo, perche’ essenzialmente basati sulla dislocazione dei “mi piace” o dei commenti, che non sul numero e la qualita’ degli stessi, nonche’ la traduzione degli stessi in numeri politici.
Beh, questa partenza al teatro Niccolini di Firenze non ci e’ piaciuta. A noi ci piace fossero dati gli strumenti perche’ le persone possano ragionare, approfondire e scegliere di conseguenza. Non ci piace stupire e sembrare chissache’ grazie ai servitori mediatici di turno e alle fantasticherie di una inesistenze potenza politica della Rete. Piace anche a noi cambiare il mondo e la Costituzione, ma vorremmo che chi lo decidera’ lo faccia a ragion veduta (e i motivi, pur se limitati e insufficienti, ci sono) e non grazie al can can.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc