Accertamento Tributi: se dieci centimetri quadrati vi sembran tanti… un caso a Napoli

Tra fine 2015 e inizio 2016, il raggruppamento temporaneo d’imprese Equitalia Sud – Ge.Se.T. Italia S.p.A. – Ottogas S.r.l., concessionario del servizio riscossione tributi del Comune di Napoli, ha inviato numerosi accertamenti per la tassa sui rifiuti, ai tempi Tarsu, a soggetti che, in seguito all’incrocio dei dati col Catasto, risultavano pagare in base ad una superficie imponibile inferiore a quella reale, oppure risultavano non pagare affatto. Gli avvisi sono stati circa trentaduemila, di cui ventitremila per superfici accertate superiori al dichiarato e novemila per evasione totale. Un’opera meritoria per il tributo locale da sempre più evaso in città. Nel comunicare i dati, il Comune aveva annunciato che il lavoro sarebbe proseguito. A volte, però, accade che nella foga possa esagerare. Una cittadina che poi si e’ rivolta all’Aduc, ha ricevuto un accertamento della Tarsu per gli anni 2011 e 2012 basato sui dati del Catasto, da cui risulta una base imponibile di 70,0 metri quadrati. E’ stata quindi applicata la tariffa prevista per quella superficie con le conseguenti sanzioni. Risultato: 1.088 euro da pagare entro 60 giorni, termine oltre il quale il debito aumenta ad 1.521,46 euro oltre interessi, aggio di Equitalia, ecc.
Vi sono due dettagli che però lasciano alquanto perplessi:
– la contribuente, che secondo l’accertamento ha una superficie imponibile di 70,0 metri quadrati, da sempre ha come imponibile la superficie di 69,9 metri quadrati. La superficie evasa sarebbe quindi pari a 10 centimetri quadrati, frutto di un probabilissimo arrotondamento applicato dal sistema informatico utilizzato per gli accertamenti.
– inoltre, per quegli anni ha regolarmente pagato la tassa in base ai 69,9 metri quadrati ma l’accertamento non ne ha tenuto conto, col risultato di richiedere il pagamento dell’intera imposta su 70,0 metri quadrati.
Abbiamo aiutato l’incolpevole cittadina nella presentazione dell’istanza di annullamento in auto-tutela e siamo certi che la vicenda troverà soluzione secondo il buon senso, ma il caso lascia trasparire la superficialità nell’accertamento, atteso che la differenza tra l’accertato e il dichiarato è di appena 10 centimetri quadrati, vale a dire appena lo 0,14%. Inoltre, non sono state evidenziate le somme pagate per gli anni considerati.
Ci auguriamo si tratti di un caso isolato, e sopratutto crediamo sia utile, per il buon andamento dell’amministrazione, che si ripristini la procedura seguita a fine 2015, quando la modulistica in uso riportava i metri quadrati dichiarati e teneva conto degli importi già pagati.
Infine, due ulteriori aspetti da rimarcare e dei quali invitiamo chi di dovere a tenere conto.
Nel modulo di istanza di annullamento in autotutela viene chiesto di allegare copia della piantina in scala rilasciata dal Catasto (Agenzia del Territorio). A parte il fatto che chiedere di allegare dati del Catasto quando l’accertamento nasce dalla consultazione del Catasto stesso appare privo di qualunque logica, giacché quella che il Catasto rilascerebbe al cittadino è la medesima consultata per l’accertamento, vale la pena rammentare che al contribuente, in forza dell’art. 6, comma 4, della Legge 212/2000 (Statuto del contribuente) non possono essere richiesti documenti o informazioni già necessariamente in possesso dell’Amministrazione, la quale, anche ai sensi dell’art. 18, n. 2, della legge 241/90 è tenuta d’ufficio ad acquisire o produrre il documento in questione o copia di esso.
Secondo aspetto: è possibile consegnare il modulo di autotutela presso gli uffici oppure spedirlo a mezzo raccomandata ar. Manca l’indicazione di un indirizzo di posta elettronica certificata. Di conseguenza, chi non volesse o potesse recarsi presso gli Uffici è costretto a sostenere l’esborso della spedizione postale.

Anna D’Antuono, legale Aduc