Francia: 1.400 euro in più ad ogni insegnante che già oggi guadagna più di un preside italiano

In Francia, il Governo investe un miliardo di fondi per gli stipendi dei docenti: per volontà del ministro della pubblica istruzione transalpino, Najat Vallaud-Belkacem, una prima tranche è prevista per il 2017; una seconda, sempre di mezzo miliardo, dal 2020. “L’aumento annuo medio in busta paga per ogni insegnante francese sarà di circa 1.400 euro lordi”, scrive la stampa italiana. Si tratta di una cifra vicina a quanto dovrebbe essere assegnato ai docenti in Italia, se solo si allineassero gli stipendi alla metà degli aumenti dell’inflazione cresciuti negli ultimi otto anni, a fronte di 17 euro stanziati dal Governo per i tre milioni di dipendenti pubblici per onorare i contratti da sbloccare nei prossimi tre anni.

È bene sapere che “un docente in Francia percepisce, in media, uno stipendio di 3.600 euro lordi mensili e che, attraverso la nuova riforma, la retribuzione potrebbe tranquillamente arrivare sino ai 3.900 euro lordi”. Se a questo sommiamo il fatto che “in Francia non esiste la ritenuta alla fonte”, possiamo renderci conto del divario rispetto al nostro Paese: “certamente, si tratta di numeri che non fanno altro che evidenziare l’umiliazione dei docenti italiani, il cui stipendio è congelato da anni in seguito al prolungarsi del blocco del rinnovo contrattuale: nemmeno un preside a fine carriera, qui in Italia, riesce a raggiungere cifre di questo genere”.

È un’amara verità, ma nel Paese d’Oltralpe si raggiunge quanto il giovane sindacato Anief ha sempre rivendicato in Italia: si adeguano gli stipendi al carovita e nel frattempo si stanziano dei fondi ulteriori per i più meritevoli. Intanto, da noi si è appena raggiunto il punto più basso delle retribuzioni mai registrato in 34 anni di serie storiche, dal 1982. Con gli stipendi dei docenti e Ata della scuola, fermi al 2009, che anche quest’anno hanno costituito la Cenerentola della Pubblica Amministrazione, con nemmeno 29mila euro lordi. Mentre la media dei dipendenti pubblici è sui 35mila euro. Così un docente ha “un salario medio di 1300-1500 euro contro i 7-8 mila di un giudice”, mentre un magistrato sui 142mila euro. Che sono pure gli unici ad essersi vista applicata, tramite ricorso, quella indennità di vacanza contrattuale negata a tutti gli altri dipendenti statali.

“La verità è che nel nostro Paese si tagliano i fondi per adeguare gli stipendi all’inflazione: in tal modo, per diversi anni si blocca la progressione di carriera (tanto che nel Documento di Economia e Finanza 2016 l’indicizzazione dell’indennità di vacanza contrattuale viene bloccata almeno sino al 2018 e forse anche fino al 2021), salvo poi mettere nel piatto delle briciole frutto di ulteriori risparmi e tagli che dovrebbero premiare solo alcuni dimenticando il lavoro di tutti”, commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal.

“La stessa riforma della Buona Scuola – continua Pacifico -, che ha introdotto il merito e il comitato di valutazione, è l’emblema di questa logica: devota ancora una volta al risparmio sulle spalle dell’istruzione pubblica, il Governo vuole far sembrare tale operazione un investimento a favore dei lavoratori. Solo che andrà a penalizzare otto docenti su dieci, che dopo i mancati aumenti e la cancellazione dell’indennità che doveva garantire loro almeno l’adeguamento al costo della vita, vengono privati anche dei fondi destinati al personale che svolge attività extra rispetto alla didattica curricolare. Ovvero il 99 per cento di chi insegna oggi”.

Anief ribadisce che il fermo obbligato dei valori dell’indennità di vacanza contrattuale, dunque, risulta illegittimo ed è possibile recuperare le somme non assegnate negli ultimi sei anni. Soprassedere significa non applicare la normativa vigente in materia di tutela retributiva del pubblico impiego, a partire dall’articolo 2, comma 35, della Legge n. 203/2008, dalla legge finanziaria 2009 e anche le disposizioni previste dal Decreto Legislativo 150/2009.