FILO D’ARIANNA

50 finanzieri del Comando Provinciale di Vicenza, unitamente ai colleghi dei Comandi Provinciali di Milano, Brescia e Bergamo, hanno eseguito una cinquantina di perquisizioni nelle province di Vicenza, Brescia, Bergamo, Milano, Roma, Cremona, Padova e Alessandria, disposte dalla dott.ssa Giulia Floris, Sostituto Procuratore della Repubblica di Vicenza, finalizzate a definire i contorni di una importante frode fiscale nel settore della fabbricazione di fili, cavi elettrici ed elettronici. Sono state oggetto di perquisizione 20 società e i relativi amministratori di fatto e di diritto, per complessive 15 persone indagate, a vario titolo, per emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti finalizzate alla frode fiscale. Nel complesso, allo stato delle indagini, è stato individuato un giro di fatture false per un importo che, negli ultimi 5 anni, è di oltre 350 milioni di euro. Le investigazioni, condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza e che scaturiscono dalle prime evidenze emerse nel corso di una verifica fiscale ad una società del settore con sede a Brendola (VI), hanno portato ad accertare l’operatività di un “nucleo” societario stabile, facente capo a due degli indagati, uno radicato nell’area vicentina e l’altro in quella bresciana, dediti alla fraudolenta gestione di numerose aziende, per lo più del settore della fabbricazione di cavi e fili elettrici. Il fulcro della frode ruota attorno a 8 società “cartiere” (società che non adempiono ad alcun obbligo contabile e amministrate da soggetti con specifici precedenti di polizia nel campo delle frodi fiscali), a 2 società operative (una trafileria ed un trasportatore) e a 4 società 2 “filtro” (società apparentemente in regola con gli obblighi fiscali ma che vengono strumentalmente interposte tra le società “cartiere” fornitrici delle merci e le società clienti) che fraudolentemente vengono introdotte nella filiera commerciale con l’unico scopo di far maturare ingenti crediti IVA in favore di 6 società “beneficiarie” della frode. È, questo, un modo illecito per azzerare il carico fiscale con conseguente rilevante danno per le casse dello Stato e grave distorsione del mercato. L’indagine ha messo in luce come una parte rilevante della frode fiscale sia stata realizzata attraverso l’uso improprio del regime Iva del “reverse charge” (articolo 17, comma 6, del Dpr 633/1972) che è un meccanismo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto in cui l’obbligo dell’imposizione fiscale viene traslato dal venditore all’acquirente. Nel dettaglio, la frode fiscale viene perpetrata mediante due differenti meccanismi che consentono, alle società “beneficiarie”, di maturare rilevanti crediti Iva; il primo collegato all’acquisto, da parte delle società “beneficiarie/filtro”, di “vergella di rame” (materiale che, scontando il regime di “reverse charge”, non è gravato di IVA) cui fa seguito la vendita “simulata” dello stesso materiale alle società “cartiere” che, a loro volta, lo inviano, in conto lavoro, alla “trafileria”, ove la vergella di rame viene trasformata in “filo di rame” (materiale che, invece, scontando il regime “ordinario”, è gravato di IVA), venduto successivamente ed in maniera “simulata” alle società “beneficiarie/filtro” che, per prime, hanno innescato il circuito commerciale (in questo modo l’IVA grava formalmente sulle “cartiere”, che non la dichiarano/versano, invece di gravare, come dovrebbe, sulle società “beneficiarie/filtro”). Il secondo, collegato alla compravendita di altri materiali, risulta perpetrato, invece, attraverso la classica “frode carosello” innescata dagli acquisti effettuati, in ambito comunitario, da società “cartiere” che vengono, fraudolentemente, interposte nella filiera commerciale e che poi omettono i versamenti Iva.