Erano settimane, forse mesi , che non lo si vedeva più in giro, non lo si sentiva tuonare con la sua voce calda e profonda, che non lo si vedeva al tavolo de Le Trottoir alla darsena dei Navigli impegnato a leggere, scrivere o raccontare, a chiunque gli si sieda accanto, intrecci di storie vissute e poi raccontate, spremute e cucinate sui tavoli de Le Trottoir.E questa mancanza la si sentiva troppo, la si respirava lungo le sponde dei Navigli, cercando di colmare questa assenza leggendo magari qualche sua opera, intervista, per tentare di ritrovarlo. Ritrovarlo, si, nei suoi stessi romanzi, nei quali Andrea G.Pinketts, creatore di una variante personalissima della letteratura noir italiana, autore sincero, mette molto di sé stesso, usando i personaggi per dire quello che lui pensa, senza remore, senza giri di parole, senza paure o timori di suscitare l’ira o la rabbia di qualcuno: perché Pinketts, si sa, oltre ad essere uno scrittore di grandissimo valore, è anche lui stesso un personaggio geniale ed interessantissimo, un uomo che senza ombra di dubbio vive la sua scrittura e la sua vita in modo pieno e con grande passione; la sua ironia e la sua influenza molte volte han dato fastidio a qualcuno, poco avvezzo a cogliere il “ senso della frase “ tipico di A.G.Pinketts, perché forse troppo limitato da una visione ristretta dei fatti o alimentata da biechi pregiudizi: lui ne è sempre stato consapevole ma non si è mai fatto alcun tipo di problema a manifestare, sempre e comunque, il suo pensiero.
Ieri, con immensa gioia di molti, anzi moltissimi, Andrea G. Pinketts è tornato, e lo ha fatto, come sempre, in modo grandioso, proprio a Le Trottoir (piazza XXIV maggio 1, Milano), dove ha presentato, martedi 21 giugno 2016,in compagnia di Antonio D’Orrico e del M° Adriano Bassi, il suo nuovo romanzo, La capanna dello zio Rom, uscito per Mondadori in questa stessa data. Il romanzo, definito dallo stesso scrittore come “Il tassello politicamente scorretto che mancava al suo mosaico noir“, segna il ritorno dello stesso alter ego dello scrittore, Lazzaro Santadrea. “Lazzaro Santandrea non è un tipo che se ne va: di solito arriva. Arriva al momento giusto. E anche in questo caso piomba nel bel mezzo degli eventi. O sono gli eventi a piombare su di lui, impegnato a innamorarsi di una ragazza dall’oscuro presente? Ossitocina ha i leggings e un cane, LouReed, addestrato a farle la spesa al supermercato. Per Lazzaro è un colpo di fulmine. Con conseguenze devastanti.”
“Loden assassini, parka assetati di sangue, reggicalze letali, giacche da camera a gas esilarante: la cabina armadio di Andrea G. Pinketts è un guardaroba teatrale di lusso inventivo. E Lazzaro questa volta finirà coinvolto in un delirio senza precedenti, tra le fiere di Milano e la Fiera del Libro di Bucarest, con gemelli incendiari, latinisti allo sbaraglio e regolamenti di conti con le forchette di plastica, in compagnia di giornalisti d’assalto, mercenari vestiti da suora e vecchi amici orfani di guerra e di madre.”
Nella Capanna dello Zio Rom Pinketts da vita alla sua Milano di sempre, quella nera e surreale, divertendosi con lo stile che da sempre lo contraddistingue: gioca con le frasi, con il senso delle stesse parole e gioca ancora con i suoi personaggi, divertendosi col gioco,anche, con i capitoli, riuscendo a farli litigare tra loro. Nel corso dellesettimane in cui Pinketts non si vedeva in giro, giorni dalla "vita breve ma intensa come James Dean", di pomeriggi "corti come calzoni alla zuava", si addensa una vicenda ricchissima e mozzafiato. I fatti narrati, i personaggi citati, via via che la lettura prosegue si complicano, consentendo così di immergersi di gusto nella lettura, in totale e piena sintonia con Lazzaro che, ricapitolando gli eventi, a un certo punto ammette: "Tutto ciò non puzzava. Profumava di guai".
Sonia Bonvini