Oltre 850 miliardi di euro ricevuti dalla Bce, in meno di due anni e mezzo, a tassi bassissimi non sono bastati, alle banche italiane, per aumentare i prestiti alle famiglie e alle imprese, dando un impulso positivo al ciclo economico. La liquidità extralarge “prelevata” dalla Banca centrale europea non è stata “girata” all’economia reale: da dicembre 2013 ad aprile 2016 i finanziamenti al settore privato sono calati di oltre 15 miliardi. Gli istituti di credito del nostro Paese, in particolare, hanno incassato il 31% dei 2.769 miliardi complessivamente messi in circolazione dall’Eurotower nell’ambito delle cinque finestre di rifinanziamento; nelle sole operazioni di lungo periodo (Ltro e Tltro), le banche della Penisola hanno ricevuto 793 miliardi su 2.290 miliardi (34%). Lo stock di crediti ad aziende e cittadini è invece sceso, in totale, da 1.416 miliardi a 1.400 miliardi: sono diminuiti di 30 miliardi i crediti alle imprese; mentre sono saliti di 14,9 miliardi i finanziamenti alle famiglie, trainati dalla ripresina del credito al consumo (+24 miliardi). Questi i dati principali del rapporto “Europa, Finanza, Imprese, Famiglie” realizzato dal Centro studi di Unimpresa a poche ore dal referendum della Gran Bretagna sulla Brexit.
Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, da dicembre 2013 ad aprile 2016, le banche italiane hanno ricevuto dalla Banca centrale europea 859,1 miliardi pari al 31% dei 2.769,0 miliardi concessi nell’ambito delle cinque finestre di rifinanziamento . Nel dettaglio, gli istituti di credito del nostro Paese hanno “prelevato” dall’Eurotower 215,5 miliardi (32,1%) tra il 12 dicembre 2013 e il 10 giugno 2014; 170,2 miliardi (32,9%) tra l’11 giugno 2014 e il 9 dicembre 2014; 161,4 miliardi (30,7%) tra il 10 dicembre 2014 e il 9 giugno 2015; 160,2 miliardi (30,2%) tra il 10 giugno 2015 e l’8 dicembre 2015; 151,8 miliardi (28,7%) tra il 9 dicembre 2015 e il 26 aprile 2016. Ancora più alta è la quota (34,6%) “ricevuta” dalle banche italiane dalla Bce rispetto alle sole operazioni di rifinanziamento di lungo periodo (Ltro: Long Term Refinancing Operation; Tltro: Targeted Long Term Refinancing Operation): 204,1 miliardi (37,1%); 159,9 miliardi (38,8%); 144,1 miliardi (35,4%); 149,2 miliardi (32,6%); 136,2 miliardi (29,4%). In totale, tra Ltro e Tltro, gli istituti italiani hanno preso a basso costo 793,5 miliardi su 2.290 miliardi complessivamente messi in circolazione dalla Banca centrale.
Queste operazioni, che hanno messo a disposizione delle banche del nostro Paese una enorme quantità di liquidità, non hanno fatto ripartire il motore del credito. Nello stesso arco di tempo (dicembre 2013 – aprile 2014), i finanziamenti degli istituti di credito italiani al settore privato sono calati di 15,5 miliardi (-1,09%) da 1.416,2 miliardi a 1.400,7 miliardi. L’andamento negativo è legato alle erogazioni alle imprese, calate complessivamente di 30,4 miliardi (-3,73%) da 814,0 miliardi a 783,6 miliardi. Per quanto riguarda le aziende sono calati i prestiti di quasi tutti i tipi di durata: quelli a breve termine (fino a 1 anno) sono scesi di 32,6 miliardi (-10,67%) da 305,5 miliardi a 272,9 miliardi; quelli di lungo periodo (oltre 5 anni) sono diminuiti di 26,6 miliardi (-6,87%) da 387,1 miliardi a 360,5 miliardi; mentre quelli di medio periodo (fino a 5 anni), in controtendenza, sono saliti di 28,8 miliardi (+23,72%) da 121,4 miliardi a 150,2 miliardi. Sono tornati a crescere, anche se lievemente, i finanziamenti alle famiglie che in quasi due anni e mezzo sono saliti di 14,9 miliardi (+2,47%) da 602,2 miliardi a 617,1 miliardi. A trainare la “ripresina” è, tuttavia, solo il credito al consumo (le erogazioni concesse per comprare automobili, elettrodomestici, tablet, smartphone, viaggi, abbigliamento, mobilio) con lo stock incrementato di 24,1 miliardi (+41,13%) da 58,6 miliardi a 82,7 miliardi; resta invece negativo sia il quadro dei mutui, giù di 900 milioni (-0,25%) da 361,4 miliardi a 360,5 miliardi, sia l’area dei prestiti personali, calati di 8,3 miliardi (-4,56%) da 182,2 miliardi a 173,9 miliardi.
Longobardi: “Brexit occasione di riflessione per ricostruire la casa comune in Europa”
“A questo rapporto abbiamo voluto aggiungere, come intestazione, quattro parole: Europa, finanza, imprese, famiglie. Quattro parole che spiegano la percezione diffusa nell’opinione, supportata anche dai dati, delle istituzioni europee: la cinghia di trasmissione dell’Europa porta benefici alla finanza, ma lì si ferma perché imprese e famiglie non avvertono effetti positivi. Poi, ovviamente, banchieri ed esponenti politici sono capaci di trovare giustificazioni di varia natura, ma la realtà è purtroppo questa” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Ora il referendum in Gran Bretagna sulla cosiddetta Brexit, che certamente apre uno scenario inedito e inquietante, rappresenta pure una occasione non solo di riflessione, ma anche di cambio di passo netto: la casa comune europea così com’è stata costruita non è utile e va ristrutturata, ripensando le assurde, restrittive politiche sui bilanci pubblici e cominciando a ragionare su un unico sistema fiscale” aggiunge il presidente di Unimpresa.