Nel silenzio più assoluto, torna in auge l’opera di razionalizzazione del numero di istituti scolastici, il cosiddetto “dimensionamento” conseguente all’elevazione del numero minimo di alunni iscritti in ogni scuola, che si aggira attorno a quota 900, e collocati in classi “pollaio”, sempre più frequentemente oltre quota 30 alunni: dopo la cancellazione di quasi 4mila istituti, pari ad un terzo di quelli esistenti, a seguito della Legge 133/2008, negli ultimi anni avevamo assistito ad uno stop dei processi di fusione e cancellazione di scuole, ma ora il trend negativo riprende a discapito della qualità dell’offerta formativa.
Dal Governo in carica, che dal primo giorno del suo insediamento si professa promotore della Buona Scuola, del resto, non ci si poteva aspettare altro atteggiamento. Ancora di più dopo che il Miur ha certificato che dal mese di settembre saranno iscritti nei nostri istituti scolastici circa 8.700 studenti in più. Invece, sorprendentemente, dopo aver saputo che vi saranno 2.020 Ata in meno, si è appreso in questi giorni dai dirigenti Miur che con il nuovo anno scolastico, si perderanno ben 51 scuole. Da una lettura più attenta, ci accorgiamo che la perdita arriva a 102 istituti in meno, perché ne spariscono altri 51 cosiddetti “sottodimensionati”, i quali scenderanno da 385 a 334. Complessivamente, in pratica, si passerà da 8.382 istituti autonomi dello scorso anno, a 8.281.
Il dato è confermato anche dal numero ridotto dei dirigenti scolastici da assegnare alle scuole: attraverso il decreto ministeriale n. 528/2016, ora al vaglio della Corte di Conti, l’amministrazione ha comunicato che, sottraendo dal computo complessivo gli istituti sottodimensionati, da affidare alle reggenze, rimangono a disposizione dei presidi 8.072 posti. Molti meno, rispetto ai circa 8.500 sopravvissuti al feroce “dimensionamento” voluto dalla coppia Tramonti-Gelmini, che ne cancellò uno su tre. Lo stesso discorso vale per i Dsga, per la cui copertura di tantissimi posti si continuano ad utilizzare assistenti amministrativi e si continua a rimandare l’avvio del concorso.
“Quanto sta accadendo è una contraddizione – sostiene Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario organizzativo Confedir – perché prima si dice che la scuola pubblica è nel listino delle priorità di questo Governo, e poi, si approva la Buona Scuola, delegando agli istituti un carico di responsabilità sinora mai affidato. Ora, però, in ossequio alla spending review imposta dal Ministero dell’Economia, si decide di comprimere gli alunni in sempre meno scuole, costringendo i presidi a fare i salti mortali per gestirne sempre più spesso due o anche tre a testa, con spesso un totale di dieci-dodici plessi distanti a volte decine di chilometri tra loro”.
“Tra l’altro – continua Pacifico -, essendo slittato in autunno il concorso per i nuovi dirigenti, per il quale si profilano altri ricorsi, e avendo dato approvazione ad assumere appena 200 idonei del concorso 2011, considerando pure i pensionamenti, da settembre saranno circa 2mila, uno su quattro, come avevamo preventivato, gli istituti che andranno in reggenza. In questo modo, continueremo ad avere delle scuole abbandonate al loro destino, affidate a vicari sottopagati e a presidi, a loro volta, con stipendi dimezzati rispetto ai colleghi di PA e privato, costretti a vivere alla giornata e a tamponare a distanza le emergenze quotidiane”.