di Roberto Malini
In molti si chiedono se il terrorismo sia presente in Italia o se, per qualche misteriosa ragione, esso si tenga lontano dal nostro paese. La strage di Nizza ha rivelato una pista italiana riguardante la jihad, che si sta svelando grazie alle indagini su Chafroud Chokri, sospettato di far parte della stessa organizzazione che ha supportato Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, il killer di Nizza. Chi conosce il fenomeno del terrorismo nelle sue diverse componenti non può avere dubbi: la jihad è presente in Italia con numerose cellule e una rete capillare. I trafficanti in armi, droga ed esseri umani che si muovono attraverso il continente africano e gestiscono i flussi disperati di profughi dalle molte crisi umanitarie africane sono strettamente connessi alle mafie: Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita non fanno di certo eccezione. E che i trafficanti finanzino le organizzazioni terroristiche e i gruppi religiosi connessi alla jihad – come dimostrato e denunciato già nel 2008 da EveryOne Group e New Generation Foundation for Human Rights – è ormai assodato. L’Italia è la nazione ideale per le basi di raccolta di denaro, armi, droghe, materiale informativo. E’ un crocevia in cui i controlli da parte delle forze dell’ordine sono volonterosi, ma disomogenei e disorganizzati. Le autorità, paradossalmente, concentrano le proprie forze per identificare e sgomberare i campi Rom, per rendere difficile la vita ai profughi, per combattere l’elemosina e i mercati "abusivi" attraverso cui i migranti sopravvivono a malapena vendendo cappelli, magliette, occhiali e artigianato. Quale situazione migliore per amministrare i traffici che sono la linfa della guerra santa? Quale condizione più idonea per diffondere e mantenere cellule attive e cellule dormienti? L’Unione europea sta sottovalutando la potente rete del terrorismo nei suoi stati membri. Vi è da augurarsi che se ne renda conto al più presto o la situazione potrebbe sfuggire al controllo istituzionale, con effetti terrificanti.