AMMINISTRATORI E SINDACI DELLA CASSA RISPARMI CESENA

Il Gruppo Guardia di Finanza di Cesena e il Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza hanno sequestrato agli ex amministratori e sindaci della Cassa di Risparmio di Cesena 1,9 milioni di euro depositati su conti correnti personali. Le Fiamme Gialle hanno operato il blocco delle somme in attuazione di un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Forlì (Dott. Camillo Poillucci), su richiesta del Procuratore della Repubblica di Forlì (Dott. Sergio Sottani) e del Sostituto Procuratore della Repubblica, Dott.ssa Francesca Rago. Il provvedimento è giunto al termine di una serie di indagini avviate nel 2014 che hanno visto il coinvolgimento di 17 membri degli organi di vertice e di controllo della banca, ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di false comunicazioni sociali (art. 2621 del codice civile – c.d. “falso in bilancio”), ostacolo all’esercizio delle funzioni dell’autorità di vigilanza (art. 2638 c.c.) e illecita ripartizione di utili (art. 2627 c.c.), illecito quest’ultimo che consente in caso di condanna la confisca del profitto del reato e nella fase delle indagini preliminari, appunto, la misura cautelare del sequestro preventivo. Le investigazioni, scaturite da un’ispezione svolta dalla Banca d’Italia, hanno permesso di constatare, all’interno del bilancio 2012 della Cassa di Risparmio, l’esposizione di una situazione economica e patrimoniale non rispondente al vero. In particolare, l’Istituto non ha proceduto a svalutare correttamente l’ingente esposizione creditoria, ammontante a oltre 40 mln di euro, vantata nei confronti di un noto Gruppo immobiliare locale, già da tempo in evidente stato di crisi. Ciò ha comportato la mancata esposizione di una maggiore perdita per oltre 15 mln di euro (di qui l’imputazione per “false comunicazioni sociali”), consentendo agli organi di vertice della banca di deliberare, in favore dei soci, la distribuzione di acconti sui dividendi per 1,9 milioni di euro riferiti a utili che non sarebbero stati successivamente conseguiti (condotta che, come evidenziato, ha dato origine alla contestazione di “illegale ripartizione degli utili” e al sequestro delle somme di denaro). L’omessa indicazione in bilancio della perdita ha impedito altresì alla Banca d’Italia di svolgere correttamente le proprie funzioni di vigilanza, circostanza che ha portato gli inquirenti ad ipotizzare il reato di cui all’art. 2638 c.c.. In altri termini, se l’autorità di vigilanza avesse avuto contezza della reale situazione finanziaria in cui versava la Cassa di Risparmio di Cesena, avrebbe potuto intervenire con azioni preventive, prima fra tutte quella di non “autorizzare” la distribuzione di acconti sui dividendi. Peraltro, l’organo di vigilanza aveva più volte esortato la banca a ispirare le proprie scelte in materia di distribuzione di utili a logiche di maggiore prudenza. Va precisato che, al termine delle indagini, non sono state ravvisate responsabilità in capo ai soci della banca (destinatari dell’illecita ripartizione degli utili), i quali, al contrario, sono stati considerati persone offese dal reato. Nel mese di luglio scorso, la Procura della Repubblica di Forlì aveva notificato l’avviso di conclusione delle indagini nei confronti degli amministratori, sindaci e direttori generali della banca in carica alla data del 13 aprile 2013; si tratta di: LUCCHI Germano (presidente del C.d.A.), BILLI Atos e GRASSI Tommaso (vice presidenti del C.d.A.), BOCCHINI Enrico, BOLDRINI Giovanni Maria, CARUGATI Francesco, GIANNESSI Pier Angelo, MONTALTI Tino, RICIPUTI Mario, FABBRI Paolo, SANTINI Bruno, TAMPIERI Giovanni, (tutti consiglieri del C.d.A.), MINZONI Vincenzo (presidente del collegio sindacale), ZACCHINI Luigi, SPADA Giuseppe (membri del collegio sindacale), GENTILI Adriano (direttore generale), COLLINUCCI Dino (vice direttore generale). Analogo avviso è stato formulato anche nei riguardi dell’istituto di credito in relazione alla responsabilità amministrativa derivante da reato, atteso che l’organismo di controllo previsto per legge allo scopo di prevenire la commissione di illeciti da parte degli esponenti bancari, non ha esercitato il compito di vigilanza sul funzionamento e l’osservanza del modello organizzativo.