A ogni terremoto, si sente la solita domanda che il solito cronista pone al religioso di turno, in questo caso la domanda retorica questa volta l’ha fatta, Debora Donnini giornalista di radio vaticana a monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti: “Di fronte a tanta morte e distruzione, sicuramente la domanda che sgorga nel cuore di tanti è: “Dov’è Dio?”. Intanto menomale che c’è Dio, almeno possiamo prendercela con qualcuno, immaginate se non c’era niente, a quale disperazione acuta sarebbe precipitato l’uomo. Tuttavia questa“è una domanda che, peraltro, ci accompagna sempre nella vita, quando siamo posti di fronte alla questione fondamentale che è quella della morte”. Ha detto monsignor Pompili,“Certamente la fede ci ispira non la disperazione, ma la speranza che tutto questo possa avere un senso. Ma in questo momento è difficile. Quello che è dato di credere è che sicuramente Dio è sempre dalla parte di chi sta soffrendo, in modo particolare”.
Ma alla domanda provocatoria, il coraggioso vescovo ha risposto con un’altra domanda altrettanto provocatoria:“Accanto a questa domanda – “Dov’è Dio?” – forse bisognerebbe poi, subito dopo, collocarne un’altra: “Dov’è l’uomo?”. O meglio: “Dov’era l’uomo?”, perché la fragilità del sistema del nostro Paese è anche tale, che di fronte ad un evento certamente significativo, ci si ritrova ogni volta a contare i danni. Forse questa è l’ennesima volta in cui siamo costretti a chiederci se abbiamo fatto tutto il possibile per evitare che di fronte a questi fenomeni della natura, peraltro imprevedibili, si potesse reggere l’urto in maniera differente”. In un’altra intervista il vescovo ha allargato la riflessione facendo riferimento al Giappone, che di fronte a scosse del 6.0 non avrebbe avuto la carneficina che c’è stata qui ad Amatrice.
La trasmissione,“Sulla via di Damasco”, di Rai2, condotta tutti i sabati da monsignor Giovanni D’Ercole, questa mattina non poteva che essere dedicata interamente al terribile terremoto del centro Italia. Del resto monsignor D’Ercole, attualmente, arcivescovo di Ascoli Piceno, dopo qualche ora del sisma si è subito recato sui luoghi del disastro, aiutando come poteva la gente che aveva bisogno. Peraltro monsignor D’Ercole non è nuovo a queste situazioni, di condivisione, è stato vescovo dell’Aquila, mandato apposta sei mesi dopo il terremoto per coadiuvare monsignor Molinari. Qui subito si è dato da fare, sporcandosi anche materialmente le mani, aiutando la gente a togliere le macerie.“D’altronde se vuoi salvare qualcuno che è caduto nel fosso, non basta esortarlo a uscire con belle parole. Devi anche tu, in qualche modo, scendere con lui nel fosso per risalire faticosamente insieme. La condivisione con chi soffre, ecco quello che occorre”.
In questa puntata speciale di Rai2, monsignor D’Ercole presenta le voci che giungono dalle zone interessate dal violento terremoto raccontando il dolore, la fede e la speranza di chi è sopravvissuto. In particolare si è seguito il lavoro delle squadre di soccorso dei volontari del Corpo Italiano del Sovrano Ordine di Malta al lavoro per assistere le vittime, qualche intervista ai parroci, che hanno operato a fianco delle popolazioni colpite di Arquata, Pescara del Tronto, Accumoli e Amatrice.
Alla fine della trasmissione monsignor D’Ercole, ha fatto delle riflessioni, molto simili a quelle che ho trovato nel suo libro, “Nulla andrà perduto”, pubblicato da Piemme (2012). Secondo il vescovo è necessario guardare oltre, e pensare che il vero post terremoto inizia quando si spengono i riflettori, come giusto che sia. Quando i volontari, la protezione Civile, tutti andranno via, è allora che comincia la sfida. E proprio in questo momento che rimani solo, che non hai più i tuoi cari, la casa che occorre intervenire per ricostruire le relazioni spirituali.
Sono delle riflessioni che il prelato aveva già fatto per le popolazioni dell’Aquila. “Con il trascorrere dei giorni mi resi conto che […] si dovrebbe pensare meno ai mattoni e più agli uomini”. Adesso è la sfida:“l’emergenza più preoccupante è quella delle relazioni”.
Anche D’Ercole si è posta la domanda più difficile:“Perché la sofferenza e la morte? Provate a dare qualche spiegazione a una persona che sotto le macerie ha perso la moglie e i figli, rimanendo sola al mondo”, come quel padre di famiglia che monsignor D’Ercole ha incontrato all’obitorio di Ascoli, tutto solo, appena ha visto il vescovo, gli ha chiesto:“padre, adesso che faccio”.
Il dolore sarà sempre con noi, con i cristiani, basta guardare ai santi, a Nostro Signore che ha sofferto sulla croce.“La vita è un tessuto di mille scampoli legati insieme dal filo misterioso del dolore”. Una cosa bisogna evitare:“addossare la colpa del dolore e del male a Dio[…] Pensare che ci sia un Dio disposto a far tremare la terra per crearci problemi e danni, mi pare indebito oltre che ingiusto”.E qui occorre fare una serie riflessione sulla natura, l’uomo non può pensare di essere “padrone” del creato, ma dev’essere “custode”. Se non rispetti la natura, si vendica.
Spesso i disastri ecologici, sono anche conseguenza d’irresponsabili comportamenti dell’essere umano. Si possono fare tanti esempi, penso al mare moto di New Orleans, che ha causato migliaia di vittime, proprio perchè avevano costruito a ridosso del mare. Pertanto,“prima allora di prendersela con Dio, non sarebbe meglio riflettere sugli abusi dell’uomo nei confronti del creato? Perchè meravigliarsi se la natura si vendica quando per essa non abbiamo rispetto? Il mancato rispetto della natura prima o poi si paga. Purtroppo succede che a pagare le conseguenze sono assai di frequente i poveri innocenti e le popolazioni inermi”.
E allora termino con una speranza, con un sogno:“Sogno che il giorno dopo l’ultima “calamità naturale” non vengano più costruiti ospedali e scuole di carta, perché così si guadagna di più…; che su tali costruzioni vengano effettuati i più severi controlli di agibilità, a scadenza fissa; che non vengano concessi permessi di edificabilità dove capita, semplicemente perché si è “unta” la persona “giusta”, ma si rispettino le norme corrette, che pure esistono; che dopo la fase del “cuore in mano” e del “siamo tutti solidali”, noiosissima ma comprensibile, si passi a quella della rigida applicazione delle leggi, evitando di sostituire la fase de “il cuore in mano” con quella del portafoglio in mano, di chi deve pagare “la stecca” e chi incassarla”. (Piero Visani, Il giorno dopo la “calamità naturale”, ho un sogno…26.8.16 destra.it)
Domenico Bonvegna
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