Burkini, persone, religione, libertà. Si può convivere

L’Alto commissario dell’Onu ai diritti umani ha oggi salutato con favore la decisione della magistratura francese di abolire il divieto all’uso del burkini in spiaggia, valutando che un divieto del genere alimenterebbe la stigmatizzazione dei musulmani. La norma francese, venuta alla cronache dopo un divieto messo in atto dalla polizia nei giorni scorsi sulle spiagge mediterranee della Francia, secondo il legislatore francese, decisamente preoccupato per la situazione degli attentati nel proprio Paese, tendeva a creare maggiore sicurezza… ma di fatto non faceva altro che incrementare l’intolleranza religiosa nei confronti delle persone di confessione musulmana, ed in particolare verso le donne; estremizzando e acutizzando negativamente i rapporti e le tensioni tra culture e religioni diverse, con risultati di fatto contrari a quelli previsti (è risaputo e dimostrato che le armonie tra diversi non alimentano gli estremismi). Prendere il bagno e stare sulla spiaggia con un vestito non e’ comodo per i piu’, ma non c’è logica -in un Paese democratico e tollerante come e’ la Francia- perche’ si debba impedire che questa “protezione solare” possa solo essere per i vestiti che tradizionalmente usiamo nei nostri Paesi, e non per il burkini. Non bisogna andare molto in la’ nel tempo per ricordare come sulle spiagge, e al mare in generale, vedere persone vestite -soprattutto donne- era cosa “normale”, l’esposizione al sole marino era considerato solo come rimedio/palliativo contro alcune malattie, e tutti erano rigidamente vestiti. Col tempo abbiamo assistito ai vestiti che lentamente sono spariti, prima negli uomini e nei bambini, poi nelle donne.. ma ancora oggi -è bene ricordarlo e sottolinearlo- se qualcuno intende stare nudo in spiaggia, lo può fare solo in alcuni spazi alla bisogna dedicati, altrimenti gli arriva la polizia che lo multa e lo costringe a coprirsi secondo i canoni del pudore di Stato.
Pudore di Stato. Per l’appunto. Quanto di peggio possa esistere nei rapporti tra cittadino e istituzioni. Quello stesso pudore che aveva portato il legislatore francese a vietare il burkini in spiaggia e che continua -anche nel nostro Paese- a vietare il nudismo al di fuori delle aree specifiche ad esso dedicate, come se gli umani nudi possano esser tali solo in uno zoo.
Passato di recente in alcuni aeroporti oltreoceano, ho avuto modo di vedere, piu’ che negli aeroporti italiani, molti burkini ma anche alcuni burka (quelli dove l’unica fessura verso l’esterno e’ quella degli occhi), e non ho potuto fare a meno di riflettere sui pensieri di chi lo portava e dei suoi accompagnatori, riflessioni molto negative sui “perche’ e sui percome”. Ma non mi e’ venuto in testa di fare leggi che impongano agli umani come vestirsi. Non solo. Ma ho anche rafforzato in me la convinzione che tutte le leggi sul pudore (di Stato) sono ridicole, inutili e pericolose: tendono a limitare la libertà dell’individuo, altrimenti concepito, organizzato e normato come suddito piuttosto che cittadino. Tutto questo per dire che dalla accettazione di burka e burkini (ovunque), nasce la forza della libertà, di non vergognarsi del proprio e dell’altrui corpo, di accettarlo e di ammirarlo senza doversi nascondere, così come oggi facciamo limitandoci a quei vestiti che ognuno sceglie e indossa secondo i propri gusti e/o convincimenti. E fintanto che sulle spiagge (francesi o italiane che siano) ci saranno cartelli che vietano il nudismo, che lo sanzionano, con genitori che mettono un mano sugli occhi dei loro piccoli quando per caso incrociano un nudista clandestino… fintanto che continueremo in questa ipocrisia, cerchiamo di non farci ulteriormente male nel criticare chi porta qualche pezzo di stoffa in piu’ rispetto a quello che viene tollerato dalla nostra moralità e dal nostro pudore di Stato.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc