
Hanno fatto scalpore un paio di vignette del settimanale satirico francese Charlie-Hebdo sul terremoto italiano. Oltre ai soliti idioti-censori -rappresentanti istituzionali- che hanno chiesto scuse ufficiali alla Francia, anche altri esponenti istituzionali hanno espresso il loro sdegno culturale, financo vignettisti italiani di un certo valore come Sergio Staino.
A parte gli idioti-censori (che si commentano da soli) il resto è sano e necessario confronto, lontano dalla censura e, a nostro avviso, sinonimo di maturita’ politico-culturale.
Personalmente non ho mai avuto simpatia per la satira di Charlie-Hebdo, probabilmente perche’ sono un vecchio burlone che ha sempre seguito il suo concorrente storico e piu’ direttamente politico, “Le canard enchainé”, ma ho militato e continuo a farlo per quello che c’e’ dietro il famosissimo slogan “Je suis Charlie”.
Nello specifico, credo che l’indignazione che c’è stata sia ipocrisia e perbenismo. Cos’altro dovrebbe essere la satira se non turbamento dei principi e dei dati consolidati, portandoli alle estreme conseguenze, cercando di trasformare l’immediata indignazione in una risata sardonica o amara. Immagini e battute come una poesia, toccando i tendini della iper-sensibilità piuttosto che quelli della ragione e del cuore? E Charlie-Hebdo è maestro in questo: fastidioso senza limiti; altrimenti non sarebbe lui. E’ anche per questo che i fanatici assassini hanno infierito su di loro. Quanto detto nella vignetta delle lasagne è la fotografia di un avvenimento letto da una penna satirica, di chi coglie l’aspetto satirico anche nella tragedia e al funerale dei propri cari (non era così anche nel ben noto film “Amici miei” del 1975 di Mario Monicelli?). E credo che la seconda vignetta di replica/precisazione alle critiche, sia stato un errore, perchè le vignette, come le barzellette, non vanno spiegate, o si colgono e si ride, o pace. Questa spiegazione e mettere le mani avanti (“italiani… guardate che non è Charlie-Hebdo che costruisce le vostre case, ma è la mafia”) è una caduta di stile, una sorta di timore di essere stati un po’ troppo stronzi e di aver superato i limiti…. quando invece i limiti -proprio perche’ satira- non devono esistere. Una caduta di stile che mi ha confermato la mia non-simpatia per Charlie, che’ troppo preoccupato dei numeri delle vendite e della sua notorieta’ e del politically-correct, piuttosto del suo contributo alla sdrammatizzazione della vita quotidiana, facendo per un attimo “respirare” i nervi di chi legge le vignette e vive -anche solo culturalmente- le disgrazie e i drammi. La vicenda credo che finisca qui, ma speriamo serva perche’ ognuno ne faccia tesoro, in privato e in pubblico: a non prenderci troppo sul serio anche nei momenti più difficili…. e di retorica sul terremoto recente e non solo, ne abbiamo a tonnellate.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc