Dati Miur sfatano il mito dei troppi docenti al Sud: è la Puglia al primo posto per numero di alunni per insegnante

I benpensanti ora saranno serviti: il numero di docenti in servizio nel Sud Italia non è affatto più alto rispetto alle altre zone d’Italia. Anzi, è la Puglia – con quasi 12 allievi per docente (11,77) – la regione italiana a detenere il numero maggiore di alunni per insegnante. Lo dicono, chiaramente, i numeri sulle anticipazioni ministeriali relative alla popolazione scolastica e docente 2016/17 relative ai docenti di organico di diritto e di fatto. Risultano posizionate in alto, con oltre 11 alunni per docente, anche la Sicilia e la Campania.

A livello regionale, commenta oggi Orizzonte Scuola, cade clamorosamente la credenza del Meridione d’Italia che detiene “un surplus di docenti rispetto al fabbisogno: è il Centro Italia ad avere un miglior rapporto tra docenti ed alunni. Il risultato – da cui è stato sottratto il dato relativo ai disabili – è un quadro equilibrato, sfatando il mito di un Sud che fa incetta di docenti a discapito delle altre aree del paese. Anzi, se si guarda nel particolare, la Puglia è la regione che sta messa peggio mentre il basso rapporto in Calabria è giustificabile con la particolarità territoriale, così come per le piccole regioni del Molise e Basilicata. Stesso discorso per la Sardegna”.

Per il sindacato, questi dati non confermano altro che quanto sostenuto da tempo immemore: secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “il Ministero dell’Istruzione deve farla finita con la determinazione degli organici del personale, docente ma anche Ata, sulla base del numero ‘secco’ di iscrizioni di alunni. In determinate situazioni, sono altri i fattori che pesano molto di più delle cifre: c’è, ad esempio, sicuramente più bisogno di insegnanti laddove è alto il livello di dispersione scolastica, precedente all’obbligo formativo, che al Sud tocca punte superiori del 40 per cento. Hanno, anche, un peso specifico superiore alla media fattori-chiave come le difficoltà del territorio, la bassa presenza di agenti culturali, il basso livello di studio delle famiglie di provenienza”.

“Bisogna smetterla, in poche parole, con la costruzione degli organici in modo pre-confezionato – continua il sindacalista Anief-Cisal – perché anche la logica vuole che un buon ‘abito’ si crea andando a verificare le caratteristiche, le peculiarità, del soggetto che lo deve vestire. Produrre una misura standard è sempre poco funzionale e non certo sinonimo di qualità. La scuola deve essere al centro del territorio, ma non con le iniziative estemporanee e di facciata: in contesti difficili, serve più personale. Docente e Ata. Lo dice, a chiare lettere, anche la riforma 107/15, ad iniziare dalle esigenze formative degli alunni con disabilità”.