SCUOLA – Chiamata diretta, anche il Ministro dice che va aggiustato il tiro

Il sindacato lo dice da un anno: con la chiamata diretta degli insegnanti, la scuola pubblica perde la sua identità per fare spazio a discrezionalità e nepotismi. Oggi, dopo una difesa ad oltranza che, nel corso dell’ultima mobilità nazionale, ha portato a sequele di errori e di ricorsi ancora non conclusi, anche il Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini ammette alla stampa nazionale che sulla scelta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici occorre “aggiustare il tiro dopo il primo anno di avvio”.

Secondo Anief è la dimostrazione concreta che le critiche e le impugnazioni in tribunale contro il meccanismo iniquo, venutosi a determinare attraverso la Legge 107/2015, erano del tutto lecite. “Ci sono stati casi eclatanti – ricorda oggi Orizzonte Scuola – come i dirigenti che hanno chiesto video a figura intera, o che hanno improvvisato un vero e proprio concorso, con tanto di interrogazione e valutazione. Tutte pratiche non previste dalle indicazioni ministeriali che, comunque, lasciavano un ampio margine discrezionale per quanto riguarda le richieste dei titoli ai docenti”.

Il giovane sindacato autonomo ha da subito rilevato queste incongruenze, schierandosi a difesa delle decine di migliaia di docenti terminati negli ambiti territoriali e poi sottoposti al giudizio di dirigenti scolastici spesso non in grado di comprenderne le capacità e competenze, perché privi di conoscenze della disciplina. È per questo motivo che uno degli oltre 70 emendamenti alla Legge di Stabilità, che la V commissione Bilancia della Camera sta valutando in queste ore, riguarda proprio la cancellazione della chiamata diretta. A cui si devono sottoporre anche docenti ultrasessantenni perdenti posto. È un punto focale, tra l’altro, dei motivi che hanno portato al riuscito sciopero Anief e alla manifestazione a Roma di appena ventiquattrore fa.

“Ma le parole del Ministro Giannini – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – arrivano anche a ridosso della decisione del tribunale sui tanti ricorsi sulla questione presentati dal sindacato, proprio a tutela dei diritti di migliaia di docenti danneggiati dalla nuova norma. Ad ogni modo, visto che non piace commentare le sentenze prima che vengano emesse, se anche il titolare dell’Istruzione è arrivato a dire che occorre modificare la procedura, significa che le nostre rimostranze hanno almeno un fondo di verità”.

“Siamo sempre più convinti – continua il sindacalista Anief-Cisal – che occorra mettere una pietra sopra a questa modalità di assegnazione dei docenti alle scuole e tornare alla mobilità gestita dalle graduatorie: quest’ultime non si formano a caso, ma sulla base del computo di titoli, aggiornamenti, progetti, abilitazioni, specializzazioni e servizio svolto. Smontare questo sistema equo, cui tutti vogliono tornare, a partire dagli stessi insegnanti, per imporne un altro a dir poco discutibile, antidemocratico e precursore di errori, rappresenta uno degli errori strategici più gravi di chi governa oggi l’Italia. Ecco perché tornare indietro non sarebbe un errore. E forse – conclude Pacifico – anche al Miur lo hanno capito”.