di Roberto Gugliotta
Società civile e rivoluzione morale nei palazzi di Messina. Per la Treccani la società civile è l’insieme delle relazioni associative, economiche, culturali e sociali intercorrenti nelle società complesse tra i cittadini, che si pone come un reticolo distinto e talvolta contrapposto allo Stato e alla società politica. Il significato del termine ha assunto forme diverse nel corso della storia. Per il giusnaturalismo la società civile era sinonimo della società politica, essendo essa intesa come fuoriuscita dallo stato di natura, pur nelle diverse letture di T. Hobbes e J. Locke. Per J.J. Rousseau, società civile e società politica non coincidevano: la prima definiva una struttura sociale costituita sulla base della proprietà privata e caratterizzata da differenze sociali sempre più forti; e proprio la difesa della proprietà fa sorgere la società politica e lo Stato. In polemica con questa posizione, A. Ferguson sostenne invece l’inesistenza di uno stato di natura presociale e la positività di una società civile basata sulla divisione del lavoro. Hegel, dal canto suo, concepì la società civile come momento intermedio tra la società naturale della famiglia e la società politica incarnata dallo Stato, mentre K. Marx criticò la scissione, tipica della società borghese, fra Stato e società civile, per cui all’uguaglianza giuridico-politica prevista dal primo si contrappone l’ineguaglianza di condizioni tipica della seconda. A. Gramsci, infine, individuò la società civile come luogo della lotta per l’egemonia e momento del consenso, in contrapposizione allo Stato-forza. Per altri studiosi, i legami tra la società civile e lo Stato sono molto stretti, e un’eccessiva enfasi sulla società civile rischia di favorire processi di corporativizzazione e frammentazione sociale. Per carità, lungi da noi proporre l’esaltazione incondizionata di certa pubblicità progresso didattica e pedagogica. Ma quando la pubblicità commerciale di una qualsiasi iniziativa culturale che fosse pure la raccolta per i meno fortunati si appropria delle parole d’ordine del tempo e rilancia la società civile – e solo quella della messinesità – come testimonial privilegiato di una filosofia, di uno stile, di un insieme di valori, di un esserci individuale o familiare all’altezza con i tempi, allora forse è lecito domandarsi come si possa parlare di rispetto per i valori etici, l’ambiente e la salute se quello che viene promosso è l’uso del salotto buono cittadino a prescindere dalla sua moralità a prescindere dallo stato in cui versano le proprie finanze – tanto si paga a rate nei prossimi quindici anni. Poi si apre il giornale e si legge che la Legge non è uguale per tutti e qualcuno ha visto più in là di tutti perché ha il super cognome ecologico col bollino verde che non inquina, rispetta l’ambiente e il mare. E allora torna in mente il termine eguaglianza, condizione per cui ogni individuo o collettività deve essere considerato alla stregua di tutti gli altri, e cioè pari, soprattutto nei diritti civili, politici, sociali ed economici. L’eguaglianza di tutti davanti alla legge è, assieme alla libertà, un diritto fondamentale dell’uomo e una delle regole-base di una convivenza democratica. Quella sì che sarebbe una scelta da società civile. Ma sarebbe troppo pretenderla, no? Immaginiamo non produrrà neanche qualche rimorso. Eppure in Italia l’eguaglianza è garantita dall’articolo 3 della Costituzione. Le costituzioni democratiche assicurano inoltre l’eguaglianza dei cittadini attraverso la libera partecipazione alla vita politica e mirano a garantire pari opportunità nella vita sociale, cioè a offrire a tutti le stesse possibilità di crescita e di affermazione personale e professionale. Dunque, ricapitolando: Società civile e rivoluzione morale nei palazzi di Messina. Bella questa… Sembra la traccia di un tema da svolgere. Il principio dell’eguaglianza nella società civile messinese si rivelò ben presto suscettibile di varie interpretazioni: esso poteva infatti essere invocato sul piano civile, come eguaglianza di fronte alla legge e nei diritti di libertà (garanzie giudiziarie, libertà di coscienza, libertà di iniziativa economica); oppure sul piano politico, come eguale partecipazione al potere tramite il diritto di voto; oppure, sul piano sociale, come eguaglianza nel possesso di risorse economiche. Purtroppo sì, non finisce mai quest’agonia in moviola, questo lentissimo supplizio cadenzato da speranze sempre vane, da illusioni sempre puntuali e inutili. E ce n’è per tutti i gusti. Società civile personale, dunque sono. Società civile anima e cuore, dunque esprimo una parte di me. Società civile partecipata è simbolo di (a scelta): sicurezza, rispetto per l’ambiente, filosofia di vita, amore per la famiglia, amore per l’avventura, amore per la Nazione e nei casi più eclatanti disinteresse nei confronti della società stessa che va abbandonata (lo dice lei stessa!) per riprendersi la vita. C’è la società civile che corre all’indietro perché offre una nuova visione del mondo. C’è la società civile potente che quando dà gas fa saltare tutto in aria. C’è la società civile silenziosa che rispetta il sonno dei bambini. C’è quella nazionale che rispetta la storia della patria. C’è quella che garantisce più amici. C’è quella per la quale non è importante la meta finale ma il viaggio in sé e il modo in cui ti guardi intorno. C’è la società civile che sogni fin da quando eri bambino e che ti aspetta con una promessa di felicità. E si potrebbe procedere all’infinito sulla scia della filosofia spicciola ormai veicolata dalle quattro voci narranti che alludono ad altro e sempre più spesso alludono al rispetto dell’ambiente. Salvo poi, quello stesso ambiente colorarlo di grigio. Ma allora chiediamoci se davvero la nostra società civile si batte per i diritti degli ultimi. Diritti che spettano alla persona in quanto essere umano, non dipendenti da una concessione dello Stato. La tutela della vita umana sotto ogni forma (contro l’uccisione, la tortura, la schiavitù; la privazione della libertà di coscienza, di religione, di opinioni); all’eguaglianza di tutti (contro le discriminazioni di razza, sesso, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni sociali); alla tutela dei diritti politici (partecipazione effettiva degli individui al governo del proprio paese, elezioni periodiche e libere); alla sicurezza contro il bisogno (libertà sindacali, lavoro, salario, abitazione, cure). E noi qui ad aspettare il miracolo (un po’ di sana invidia di classe).