È una forzatura assumere a titolo definitivo un docente, suo malgrado, a centinaia di chilometri dal domicilio, così come accaduto con la “Buona Scuola: se, poi, questo docente ha un figlio disabile e lo Stato non ne tiene conto, la lontananza coatta è un’ingiustizia che diventa pura follia laddove la sede lontana sia confermata anche dinanzi a una sua richiesta di avvicinamento a casa, pure in presenza di posti liberi. A mettere le cose a posto, su un binario di giustizia e di rispetto verso le impellenti esigenze di famiglia, a tutela dei cittadini invalidi, ci ha pensato il Tribunale del Lavoro di Civitavecchia: con provvedimento d’urgenza, il giudice ha sancito il pieno diritto della docente – immessa in ruolo a seguito del piano straordinario decretato con la Legge 107/2015 – a ottenere l’assegnazione della sede di servizio definitiva il più possibile vicino al domicilio della propria figlia, da anni affetta da grave invalidità.
Nella sentenza – ottenuta dagli avvocati Anief Fabio Ganci, Walter Miceli e Salvatore Russo – viene espressa dichiarazione di illegittimità degli atti che negavano alla docente di essere trasferita nella medesima provincia dove risiede assieme alla figlia. Con preciso ordine, rivolto al Ministero dell’Istruzione, il tribunale ha così disposto il trasferimento della docente “alla sede più vicina al domicilio della figlia minore da assistere tra quelle risultanti disponibili nella fase B della mobilità per l’anno scolastico 2016/2017”. Dal giudice è stata, infatti, rilevata l’assoluta gravità e urgenza della situazione, proprio considerando come “la permanenza della ricorrente presso una sede di lavoro molto distante dal domicilio della figlia (ubicato nella provincia di Omissis), dunque, pregiudicherebbe in modo irreparabile l’assistenza e la cura della bambina”.
“All’amministrazione – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – è stato contestato il fatto che le clausole del Contratto collettivo nazionale sulla mobilità del personale docente educativo ed Ata in corso risultino in netto contrasto con il disposto normativo che tutela le persone disabili: tali clausole sono, dunque, da disapplicare. È con questo tipo di azioni legali che ci sentiamo orgogliosi dell’attività di tutela dei diritti dei lavoratori della scuola che il nostro sindacato svolge ogni giorno. Nella fattispecie, una mamma potrà assistere, come è doveroso che sia, la propria figlia e, contemporaneamente, svolgere l’attività di docente con serenità: non possiamo che esserne soddisfatti. È chiaro che i diritti dei lavoratori e delle persone con disabilità, che gli stessi assistono, non possono essere violati con una generica norma transitoria o pattizia, soprattutto laddove siano tutelati da una normativa precisa in materia”.