di ANDREA FILLORAMO
Papa Francesco è il papa che, messo a confronto dai suoi nemici – e sono tanti! – con il suo predecessore, che è un raffinato teologo, amante della tradizione e degli appariscenti segni del potere papale, risulta ad essi che sia più un “sociologo”, anzi un bravo “assistente sociale” che un pontefice, titolo, del resto, che mai egli si è dato o si è voluto dare. Sappiamo, infatti, che papa Bergogliopreferisce essere ritenuto il “vescovo di Roma” e, come tale, noi lo riconosciamo quando lo vediamoincontrarsi con tutti, abbracciare e baciare i bambini, gli ammalati, accogliere i poveri, farsi povero con i poveri, stringere tante mani, accarezzare tanti volti, affascinare le folle, incontrarsi con gli ex preti, raggiungendoli a casa di uno di loro, per confortali, per conoscere le loro mogli e per prendere in braccio i loro bambini e per dire loro che se i vescovi li hanno abbandonati, lui no.Bergoglio anche da arcivescovo di Buenos Aires è stato sempre così e ha continuato ad essere tale anche da papa, un uomo semplice, che ritiene che la “carità”, che si accompagna alla fede è la virtù che distingue il cristiano da chi non lo è e che essa, non è “virtù infusa”, ma “virtù morale”, come sosteneva Benedetto Croce che non era un credente: “non possiamo non dirci cristiani”. Nessuno di noi può dimenticarequel che abbiamo visto in televisione il giorno in cui Bergoglio è diventato papa. Egli, nell’affacciarsi alla loggia del palazzo pontificio,non ha voluto indossare da subito la mantellina di rosso porpora che è un segno del potere monarchico, ma solamente l’abito bianco con le sue scarpe nere logore e non quelle rosse da pontefice. E così la gente, ancora dopo tre anni lo vede.Siamo onesti, anche se a Papa Benedetto dobbiamo tanto! Non era egli così. Il papa tedesco si faceva vedere, ammantato di rosso, con occhiali da sole dal design moderno e giovanile, dotati di lenti ampie e fascianti, mocassini rossi firmati Prada, casa di moda tra le più esclusive. Un modo di vestire che non disdegnava di farsi "contagiare" da proposte casual e persino firmate. Altro che papa tradizionalista. Papa Francesco, nel giorno dell’elezione, inoltre,si è rivolto subito alla gente con il saluto popolare “buona sera”, come pure alla fine del discorso “buona notte e buon riposo”. Si è inchinato di fronte alla gente chiedendo di invocare la benedizione di Dio su di lui come vescovo di Roma, invitando al silenzio. Ha fatto pregare la folla con le preghiere semplici dei fedeli. Nessuno dei suoi predecessori aveva “osato” tanto. In questi pochi anni del suo pontificato, egli ha usato un linguaggio e una comunicazione, riportando il pontificato al suo alveo pastorale. Ha dato, inoltre, un’apertura ecumenica, sottolineando il cammino da farsi insieme come vescovo e popolo, recuperando la categoria tanto cara al Concilio Vaticano II “il popolo di Dio”. Riferendosi al conclave e ai cardinali non ha usato il termine “signori” ma “fratelli cardinali”… Per tornare a Santa Marta, la sera dell’elezione, non ha voluto usare l’auto blu del vaticano ma ha preferito accomodarsi nell’autobus dei cardinali. Ha preferito stare in una camera e non nel sontuoso palazzo riservato.Nel suo mostrarsi al mondo, quindi, ma particolarmente per il suo essere papa, è indubbio cheegli sia destinato ad essere il più grande operatore di quella rivoluzione lungamente attesa dalla conclusione del Concilio Vaticano II, rivoluzione che per realizzarsi tutt’intera, però,ha bisogno di tempi certamente non brevi. Di questo egli è pienamente cosciente, come è anche consapevole che a ottanta anni, per realizzare almeno alcuni segmenti di questa rivoluzione, non gli resta molto tempo. Per portare a temine, infatti, quel tratto di strada che la Chiesa deve percorrere per una sua depurazione da tutte le scorie storiche e teologiche, e per far diventare la chiesa non più trionfante e tridentina ma la casa ecumenica, comune quindi a tutti i cristiani, disposta a “spezzare assieme il pane comune”, ad “assetarsi allo stesso calice” deve molto faticare. La strategia di Francesco è sottile: ben sapendo di non potersi mettere contro un apparato antico e massiccio, capace di digerire qualsiasi rivoluzione, il Papa ha deciso di svuotarlo con la tecnica della goccia cinese, un giorno alla volta, un pezzo dopo l’altro. Su questa strada naturalmente ha incontrato consensi e dissensi, cardinali e monsignori che lo appoggiano e altri che non lo vedono di buon occhio, ma questa è la sorte di ogni riforma istituzionale che si rispetti. Il papa, tuttavia,in questi ultimi tempi sta accelerando la corsa alle innovazioni, che giungono in modo improvviso ma che sicuramente sono state lungamente meditate. Ne citiamo qualcuna:“Sarà un viaggio molto importante per l’unità dei cristiani” ha detto il Papa in aereo, non appena partito per Lund, città chiave della realtà luterana, dove è andato per celebrare in modo congiunto i 500 anni dell’affissione (secondo Melantone) delle 95 tesi a Wittenberg di Martin Lutero. Una cerimonia commemorativa densa di elementi simbolici perché mai prima d’ora un pontefice aveva sdoganato la Riforma in modo tanto esplicito e intenso. “Lutero ha messo la Parola di Dio nelle mani del popolo”. Davanti a tutti i vertici delle chiese protestanti Papa Francesco ha pronunciato parole importanti. Un vero mea culpa: “anche noi- ha detto- dobbiamo guardare con amore e onestà al nostro passato e riconoscere l’errore e chiedere perdono. Dio solo è giudice”. E ancora. “Si deve riconoscere con la stessa onestà che la nostra divisione si allontanava dalla intuizione originaria del popolo di Dio, che aspira naturalmente a rimanere unito, ed è stata storicamente perpetrata da uomini di potere di questo mondo più che per volontà del popolo fedele”. Come dire che aveva ragione Lutero e non Papa Leone X che poi lo ha scomunicato. Oggi, a distanza di 500 anni, le scomuniche non ci sono più, quelle sono morte con la scomparsa del riformatore tedesco anche se restano però tante incomprensioni e diffidenze da stemperare con una buona dose di pazienza.Certo che queste aperture non piacciono ai conservatori. Fra questi si distingue particolarmente lo scrittore “cattolico”Antonio Socci che mette in dubbio persino l’elezione di Bergoglio. Egli “fa le pulci” a tutto quello che dice e fa il papa, non capisce e non vuol capire il suo linguaggio immediato, concreto, che egli considera fatto di “scivoloni”. Pertanto scrive: “In questi giorni ci sono stati scivoloni papali che hanno fatto clamore e scandalo: quello sul «pugno» a chi dice una brutta parola «alla mia mamma» (incredibile commento alla strage di Parigi per le vignette). E quello sui cattolici che fanno figli «come conigli» (che non è solo una battuta infelice perché tutto il contesto era discutibile). Ha suscitato smarrimento fra i cattolici anche il rimprovero alla donna con otto figli e i parti cesarei: se avesse detto che usava la pillola o aveva divorziato, Bergoglio le avrebbe detto «chi sono io per giudicare?». E ogni volta le toppe sono state peggiori del buco: il papa è arrivato a definire il Vangelo «una teoria», che è altra cosa dalla vita umana. Ma è accaduto pure di peggio. Anche sul piano dottrinale. A Manila, per esempio, accantonando il discorso scritto, a un certo punto Francesco ha detto che la sofferenza innocente è «l’unica domanda che non ha risposta». La Chiesa ha sempre insegnato che la risposta concretissima, è il Crocifisso che si carica di tutto il dolore umano e lo redime, vincendo il male e la morte, spalancando la felicità eterna agli uomini. Ma Bergoglio dice che non c’è risposta e – anzi – sembra pensare che il Verbo di Dio ne sappia meno di noi: «Solo quando Cristo è stato capace di piangere ha capito il nostro dramma» (tesi cristologica molto spericolata). Poche ore prima, parlando della sua visita al tempio buddista, papa Bergoglio ha fatto l’elogio della «interreligiosità», ovvero della commistione fra religioni diverse che ha definito «una grazia». Non era mai accaduto, ma anche la preghiera e l’adorazione in moschea, rivolto alla Mecca e l’atteggiamento reticente verso l’Islam e verso il terrorismo musulmano sono inediti. L’inadeguatezza dell’uomo Bergoglio all’alto ministero suscita in tanti di noi comprensione, l’impreparazione provoca pure tenerezza, ma la sua convinzione che essere papa significhi affermare le proprie personali idee provoca dolore e spaccature. Perché la Chiesa è di Cristo. E poi Simone non deve mai prevalere su Pietro. I media hanno enfatizzato la folla delle Filippine come il trionfo di papa Bergoglio. Ma quella gente non era lì per Cristo? È la stessa folla venuta per ogni altro papa. Inoltre alla messa di domenica scorsa a Manila si è verificato – immortalato dalle telecamere – quel passamano eucaristico per il quale, secondo diverse testimonianze, sono state ritrovate delle ostie anche nel fango. Così mentre si celebrava l’apoteosi dell’uomo Bergoglio, finiva nel fango Cristo eucaristico. Una profanazione drammatica. I media non considerano queste cose, ma per la Chiesa sono quelle più importanti perché Cristo è il suo unico tesoro”.I lettori, possono, se vogliono, rileggere e cercare di comprendere quanto dai discorsi papali in modo improprio, estrapolando dai vari contesti, Socci riferisce in questi lunghi stralci allegati. Lo fa in buona fede? Non lo so. E’ certo che egli dimostra nei confronti di Begoglio un’acredine che lo porta a dubitare persino della sua elezione, quasi che papa Francesco abbia complottato nei confronti del suo predecessore, verso il quale lo scrittore nutriva grande simpatia, per costringerlo alle dimissioni e per “rubargli il “posto”. Accuse che fanno ridere di cuore. A tal proposito “Umanitas et web” scrive: “Il falsario- Nuove deliranti parole di Antonio Socci contro il papa Francesco. Continua la sua nefasta opera di falsario, bugiardo, opportunista, nonché delirante scrittore, il buon Antonio Socci, ex cattolico, ex ateo, ex comunista, ex ciellino ex, ex, ex”. Mi chiedo: “Sono da condividere questi epiteti di “Umanitas et web”? Decidano i lettori. E’ certo che Socci è libero di scrivere quel che vuole, ma non deve scrivere, perché “cattolico”,“baggianate” come fino a ora ha fatto.